Si vive solo due volte: addio a Sean Connery
s-di Francesco Fiorillo-
E’ morto nel sonno nella sua villa alle Bahamas il leggendario attore scozzese: aveva compiuto 90 anni lo scorso agosto.
Un attore del calibro di Sean Connery, uno di quelli che riesce a conquistare un posto nell’Olimpo del Cinema, ha il privilegio di vivere due vite. Se quella mortale, come per tutti, è destinata a spegnersi con lo spietato avanzare dell’età, quella cinematografica rimane eterna. Ed è soprattutto vero quando l’attore riesce a imprimere la propria scintilla in un personaggio iconico, come Connery fece con il suo indimenticabile James Bond. L’agente segreto britannico, nato dalla penna di Ian Fleming, avrà per sempre nel nostro immaginario il volto avvenente, virile e sarcastico dell’artista scozzese. Con buona pace dei vari Roger Moore, Pierce Brosnan o Daniel Craig.
Certo, l’eredità di un personaggio come quello di Bond è un peso difficile da portare sulle spalle: il rischio di restare imprigionato per tutta la carriera in un singolo ruolo è elevato. Ma Sean Connery fu in grado di sfuggire a questa trappola, dimostrando di essere molto più di questo: il suo talento ci ha regalato tante altre interpretazioni, ora drammatiche, ora leggere, ma sempre graziate da un’intelligenza e un’ironia straordinarie. Ne sono dimostrazione un Oscar, due premi BAFTA e tre Goldel Globe.
Come in molte altre storie di attori leggendari, l’approdo di Connery al cinema fu quasi un caso. Nato ad Edimburgo da una famiglia di umili origini (il padre era un camionista, la madre una cameriera), si arruolò nella Royal Navy appena sedicenne, ma fu costretto ad abbandonare nel 1950 a causa di un’ulcera gastrica. Seguì un periodo in cui si diede ai lavori più disparati: bagnino, muratore, lavapiatti, persino verniciatore di bare. Intanto, la sua bellezza cresceva: a diciannove anni posò nudo per l’Edimburgh Art College, ma nello stesso tempo cominciò a manifestare una precoce calvizie, caratteristica che, paradossalmente, avrebbe ulteriormente contribuito al suo fascino virile.
Nel 1953 partecipò a Mister Universo in rappresentanza della Scozia, dove conquistò il terzo posto: fu il suo trampolino di lancio nel mondo dello spettacolo. Prese parte a piccole produzioni in campo televisivo e cinematografico: la sua prima apparizione sul grande schermo fu ne Il bandito dell’Epiro del 1957, diretto da Terence Young. Nel 1962 la svolta: i produttori Albert Broccoli e Harry Saltzman, in cerca di un protagonista per il loro film, decidono di investire (senza troppo entusiasmo) nel semi-sconosciuto Connery, allora trentaduenne, dopo aver scartato nomi del calibro di Cary Grant, Gregory Peck e David Niven. Il titolo del film era Agente 007 – Licenza di uccidere: il resto è leggenda.
La pellicola, che segnò il debutto al cinema del celebre James Bond, fu un successo strepitoso, soprattutto grazie al carisma dell’attore scozzese: alto, elegante, affascinante eppure scaltro e letale, Connery divenne in breve tempo un sex symbol mondiale. E poco importava che fosse stato costretto dai produttori ad indossare un parrucchino: erano il suo sguardo, la presenza fisica e il savoir-faire a renderlo irresistibile. Sull’onda del successo del primo film, ne seguirono altri quattro: A 007, dalla Russia con amore (1963), Agente 007 – Missione Goldfinger (1964), Agente 007 – Thunderball (Operazione tuono) (1965) e Agente 007 – Si vive solo due volte (1967).
La saga di James Bond trasformò Connery in una celebrità internazionale, cementandone in modo indelebile la fama e il successo, e lanciando contemporaneamente la carriera delle varie Bond Girl di turno (prima fra tutte, la statuaria Ursula Andress). Nel frattempo, nel tentativo di sfuggire all’identificazione con l’agente segreto, l’attore cercava altri ruoli: nel 1964 apparve in Marnie di Alfred Hitchcock; nello stesso anno fu in La donna di paglia di Basil Dearden, accanto a Gina Lollobrigida; e nel 1965 recitò ne La collina del disonore di Sidney Lumet.
Stanco del ruolo di Bond, Connery decise di abbandonare la saga, lasciando il posto al poco convincente George Lazenby per Agente 007 – Al servizio segreto di Sua Maestà (1969); ma il flop della pellicola (che spinse i produttori a corteggiarlo nuovamente) e gli scarsi successi dei suoi nuovi film, convinsero l’attore scozzese a riprendere il ruolo della spia britannica nel 1971 con Agente 007 – Una cascata di diamanti.
Deciso questa volta ad abbandonare definitivamente il personaggio, Connery si cimentò successivamente in altre pellicole: come Riflessi in uno specchio scuro (1972) e Assassinio sull’Orient Express (1974) di Sidney Lumet, e Zardoz (1974) di John Boorman, considerato uno dei migliori film di fantascienza degli anni settanta. Negli anni ottanta fu in Atmosfera zero (1981) di Peter Hyams, e ne I banditi del tempo di Terry Gilliam (1981). Nel 1983, grazie ad un compenso record, indossò per l’ultima volta in assoluto lo smoking di James Bond in Mai dire mai, un remake di Agente 007 – Thunderball (Operazione tuono).
Nel 1986 comparve in Highlander – L’ultimo immortale di Russel Mulcahy, al fianco di Christopher Lambert: la pellicola aprì un nuovo capitolo nella carriera dell’attore, che finalmente vide riconosciute dalla critica le sue doti interpretative. Nel 1986 fu Gugliemo da Baskerville ne Il nome della rosa di Jean-Jacques Annaud: il ruolo gli diede un successo eccezionale, tanto da valergli un Premio BAFTA.
Ma era solo l’inizio: nel 1987 interpretò l’incorruttibile poliziotto Jimmy Malone in The untouchables – Gli intoccabili di Brian De Palma, conquistandosi un Oscar e un Golden Globe come miglior attore non protagonista.
Ormai consacrato come un attore di grande talento, e corteggiato da produttori e registi, Connery prese parte ad altri celebri pellicole, come Indiana Jones e l’ultima crociata di Steven Spielberg (1989), al fianco di Harrison Ford, Caccia ad Ottobre Rosso (1989) di John McTiernan, Robin Hood – Principe dei ladri (1991) di Kevin Reynolds, e The Rock (1996) di Michel Bay.
Nel 2002 co-produsse e interpretò Scoprendo Forrester di Gus Van Sant; nel 2003 la sua ultima apparizione cinematografica ne La leggenda degli uomini straordinari di Stephen Norrington.
Dopo il film di Norrington (che lo deluse fortemente), Connery si decise a ritirarsi dalle scene: potè permettersi il lusso di rifiutare due proposte clamorose come il ruolo di Gandalf ne Il signore degli anelli di Peter Jackson, e quello di Albus Silente nella saga di Harry Potter: l’industria cinematografica era cambiata troppo nel corso degli anni, trasformandosi in una macchina per fare soldi, e l’ormai attempato Connery si dichiarò stufo di «avere a che fare con degli idioti».
Si ritirò a Nassau, nelle isole Bahamas, assieme all’amata moglie Micheline Roquebrune (con la quale ha condiviso 45 anni di matrimonio), portando via con sé la leggenda di uomo intelligente, colto, spiritoso e orgoglioso della sua Scozia. Una notte chiuse gli occhi per sognare, e non li riaprì più. Ma il sogno continua, per lui come per noi.
Per sempre.