Storie di campioni: Christian Riganò, il “working class hero italiano”

-di Emanuele Petrarca-

Ricordiamo ancora tutti la grandissima impresa condotta dal Leicester di Claudio Ranieri nell’incredibile stagione 2015-2016 di Premier League.

Uno dei grandi protagonisti di quella favola, che ancora oggi ricordiamo con piacere e che tramanderemo a generazioni e generazioni di tifosi come attestato di quanto il calcio può essere bello, imprevedibile e (a volte) anche meritocratico, fu sicuramente il bomber Jamie Richard Vardy.

Affascinava la storia di un ragazzo arrivato in Premier League sulla soglia dei 30 anni e che ha coronato il suo sogno di trasformare la sua passione in un lavoro, abbandonando per sempre le fabbriche dove si guadagnava da vivere.

Eppure, in pochi magari ricordano che anche in Italia abbiamo avuto il nostro “Working Class Hero” che corrisponde al nome di Christian Riganò, il cannoniere implacabile che fece del calcio la sua ragione di vita.

La storia di Riganò è il classico racconto della vita di tutti noi che sogniamo, un giorno, di poter vivere di sole passioni prendendo come mantra quell’antico detto “fai ciò che ti piace e non lavorerai nemmeno un giorno nella tua vita”.

Spesso i sogni e le ambizioni sono più grandi del mero atto pratico e contemporaneamente dobbiamo fare i conti con la realtà e il ragazzo classe 1974 nato a Lipari faceva i conti con una “doppia vita”: una vissuta sui campi da calcio, l’altra spaccandosi la schiena facendo i turni come muratore.

Il problema è che il tempo, spesso avverso, correva troppo velocemente e nonostante Riganò metteva a ferro e fuoco le difese dei campi di bassa categoria, a 25 il ragazzo di Lipari sapeva perfettamente che il suo sogno di sfondare nel mondo del calcio sembrava sempre più difficile.

Non era bello da vedere in campo, non è uno di quelli che andresti a vedere su Youtube per giocate spettacolari, ma era maledettamente efficace e segnava praticamente sempre.

Nel 2002, però, arriva la chiamata che cambierà definitivamente la sua vita e proviene da Firenze. La Fiorentina, in quei tempi nobile decaduta del calcio italiano, deve risorgere dalle ceneri del fallimento e sotto il nome di “Florentia Viola” ha il compito di ripartire dalla Serie C e ricostruire la storia di una delle squadre più importanti del nostro paese.

In quella squadra, però, serve un leader e la dirigenza decide di scommettere proprio su Christian Riganò che si ritrova, magicamente, sul campo dell’Artemio Franchi di Firenze con il compito di cogliere l’occasione e trasformarla in opportunità.

Lui, probabilmente, era l’antitesi di ciò che i tifosi Viola sono abituati a vedere al Franchi, notoriamente stadio che esige tanto dai suoi giocatori e dove sono passati campioni nel reparto offensivo del calibro di Batistuta, Baggio, Hamrin e tantissimi altri.

Nonostante ciò, Riganò la sua occasione non la spreca e fa quel che sa fare meglio: gol. Coglie al volo l’opportunità e mostra a Firenze quanto la fame, la rabbia e l’efficacia possano far innamorare una piazza tanto quanto una giocata di classe.

Il suo istinto da bomber si attiva sempre nei pressi dell’area di rigore e tutti capiscono di essere davanti a un vero numero 9 che diventerà, rapidamente, idolo della Fiesole di Firenze.

Segna in Serie C, la Fiorentina passa in Serie B e lui segna anche lì una caterva di gol fino a far arrivare la squadra alla tanto agognata Serie A.

Ora il bomber può effettivamente vivere di solo calcio, conscio di aver coronato un sogno che qualche anno prima sembrava impossibile.

Il 14 novembre 2004 segna il suo primo gol nella classe regina del calcio italiano, contro il Livorno nel match che si concluse 1-1, ma Serie A patisce molti infortuni e la Fiorentina, complice anche l’acquisto di Luca Toni, ha altre esigenze.

Riganò, dunque, lascia la Fiorentina tra l’amore della piazza che ancora oggi risulta incondizionato, ma non ha ancora finito di stupire.

Il Messina crede in lui e l’attaccante li ripaga con la sua miglior stagione in carriera: 19 gol in Serie A nel 2006/07 e terzo posto nella classifica marcatori con la squadra che, purtroppo, retrocede.

Il bomber ce l’aveva fatta, aveva dimostrato che il suo orgoglio e la sua voglia di perseguire l’obiettivo di diventare un calciatore professionista era più forte di qualsiasi cosa: dopo una breve esperienza in Spagna, di lui si perdono un po’ le tracce, semplicemente perché decide di giocare nei campi di provincia per tornare a divertirsi e per ricordare come (e dove) tutto è iniziato.

 

 

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Emanuale Petrarca

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