Il racconto della domenica di Giuseppe Esposito

Un pascià a Napoli-

Napoli ha sempre esercitato un grande fascino sugli stranieri, sia che si trattasse degli europei del nord i cui rampolli non mancavano di includere la capitale del Regno delle Due Sicilie nel loro Grand Tour, sia che si trattasse di persone di qualunque altro angolo del mondo.

Anche un pascià subì questo fascino e non si trattava di certo di un pascià qualunque, bensì del kedivé d’Egitto Ismail Pascià. Un pascià molto amato dal suo popolo, ma inviso alle grandi potenze dell’epoca, come Francia e Inghilterra, a causa delle sue politiche tese ad ammodernare lo stato e quindi spesso in conflitto con gli interessi delle grandi potenze straniere.

Ismail Pascià, detto anche Ismail il Magnifico era  nato, il 31 dicembre 1830, al Cairo, nel palazzo al-Musefir Khana, secondo dei tre figli di Ibrahim Pascià e della sua terza moglie Hishiar. Fu kedivè d’Egitto dal 1863 al 1879. Sotto di lui l’Egitto ebbe un notevole impulso al rinnovamento e Ismail, ebbe a dire una volta: “Il mio paese non è più Africa; noi siamo ora parte dell’Europa … è pertanto naturale per noi abbandonare le antiche strade e adottare un sistema adatto alla nostra condizione sociale.”

Sotto di lui fu inaugurato il canale di Suez ed egli commissionò al nostro Verdi l’Aida, che fu rappresentata per la prima volta durante i festeggiamenti per l’apertura del canale. Purtroppo le politiche di rinnovamento del paese erano piuttosto onerose ed egli si indebitò al punto che non potette ripagare alle banche inglesi gli interessi sul debito pubblico egiziano. Per questo motivo l’Inghilterra brigò molto, con il sultano turco ad Istanbul,  perché Ismail fosse allontanato dal governo. Il 26 giungo del 1879 egli costretto ad abbandonare la sua carica  si imbarcò col suo seguito, di quasi 250 persone, sul suo panfilo  Marhusse, facendo rotta verso Napoli.

Lì fu accolto dal governo italiano e per i primi tempi abitò in un edificio al numero 9/A della Riviera di Chiaia. Successivamente fu ospitato a Villa San Felice, fatta edificare dal principe Tommaso di Savoia Genova a Posillipo, secondo le esigenze del nuovo ospite e posta direttamente sul mare.

Più tardi però il presidente del Consiglio dell’epoca, Benedetto Cairoli gli offrì di abitare nella villa del Miglio d’Oro, La favorita, costruita nel 1762 da Ferdinando Fuga e poi acquistata dal re di Napoli Ferdinando IV. Il Cairoli pensava di poter approfittare dei buoni uffici di Ismail Pascià negli affari che il governo italiano intratteneva  in Egitto. L’offerta fu accettata con entusiasmo ed il pascià con tutta la sua corte si trasferì nella villa di Portici. Il re d’Italia, Umberto I gli concesse l’extraterritorialità per cui, la villa potè essere sorvegliata da guardie armate, al servizio del kedivé. Ismail riservò per sé il primo piano. Fece costruire accanto all’ingresso una scala a chiocciola che gli permetteva di arrivare rapidamente nelle sue stanze e fece mettere delle grate di ferro alle finestre e ai balconi. L’edificio aveva già una sua nota esotica, grazie alle camere cinesi poste al secondo piano, che  fu riservato alle principesse. Nell’ultimo piano furono ospitate  le serve e le schiave. Fu rinnovato tutto l’arredamento e rifatto in stile turco. Il kedivé aveva portato con lui le tre mogli ed un vasto harem con odalische e concubine, sorvegliato a vista da una squadra di eunuchi, come nella più stretta tradizione turca. Gli ufficiali del seguito, gli schiavi ed i servitori di sesso maschile furono ospitati nella dependance della villa.

La presenza del pascià turco in città solleticò naturalmente la curiosità di tanti che si recavano sul posto, nella speranza di poter gettare un’occhiata nella villa e nella vita di quegli ospiti inconsueti. Personaggi immaginati come usciti dalle pagine delle” Mille e una notte”. Furono messe in giro tante voci strane come quella secondo la quale nei sotterranei della villa si compivano delle esecuzioni capitali.

La permanenza di Ismail Pascià nella villa La Favorita si protrasse per sei anni. Nel 1885 infatti il Sultano turco permise al pascià di tornare in patria e di ritirarsi nel suo palazzo di Emirgan, presso Isatnbul, sul Bosforo. In quel palazzo l’ex kedivé d’Egitto rimase, come in una prigione dorata, fino alla morte, avvenuta il 2 marzo del 1895.

Giuseppe Esposito

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