Le superstiti Torri Longobarde in città.
Nella parte alta del centro storico di Salerno sorgeva il quartiere del Plaium Montis (detto anche “Noba Civitas”) sviluppatosi in epoca longobarda per volere del Principe Guaiferio, il quale vi trasferì verso la fine del IX secolo d.C., la propria residenza. Zona non particolarmente urbanizzata, all’epoca, sede di numerosi monasteri benedettini, speziere e prime farmacie monastiche, accoglieva nella sua parte più occidentale, lungo le mura che partivano dal Castello alla sommità del colle Bonadies, alcune fortificazioni ampliate e rinforzate dagli stessi longobardi: i cosiddetti Orti Cinti, alimentati da sorgenti provenienti direttamente da tale monte, ovvero una serie di giardini terrazzati collocati nel vallone del torrente Fusandola.
Non lontano da essi, tra i quali ricordiamo soprattutto il Giardino della Minerva, fulcro delle attività didattiche della famosa Scuola Medica Salernitana, vi era una torre posizionata sull’avamposto delle mura occidentali in un punto strategico e privilegiato, la cosiddetta Torre dei Ladri, non lontana dall’antica Porta Nocerina. Poche le notizie storiche a dispetto, invece, dei tanti aneddoti e leggende legate a tale possente storica struttura. La torre era dotata, in epoca medievale, nella sua parte alta, di una serie di merli, dai quali, si dice, si appendessero i ladri (atroce esecuzione dell’epoca) per poi consegnare i loro corpi esamini ai medici della Scuola Medica Salernitana per essere studiati (da cui il suo nome caratteristico). Si pensa, inoltre, che esita un cunicolo segreto che colleghi la struttura difensiva direttamente con il Castello sovrastante. Si racconta, poi, che, nel XIV secolo, i suoi sotterranei furono utilizzati dai ladroni per nascondervi i tesori o più semplicemente per rifugiarsi. La struttura, negli anni, è stata più volte modificata e l’ultima trasformazione riflette, sul suo fronte rivolto a sud-ovest, uno stile vagamente neoclassico con un motivo ornamentale a frontone con una finestra centrale mentre, nella parte bassa, è presente una serie di balconi con frontoni triangolari addossati, poggianti su una struttura portante ad archi. Nella parte bassa del centro storico, addossata alle mura meridionali della città, adiacente alla scomparsa Porta di Mare che dava direttamente alla spiaggia, vi era un’altra torre detta di Guaiferio.
Il principe longobardo realizzò una serie di interventi sulle mura difensive con la costruzione, inoltre, di quattro torri difensive per combattere le ripetute scorribande dei saraceni, tra cui ricordiamo proprio la Torre di Guaiferio. Posta nella parte finale, lato est, di vicolo Guaiferio, essa è solo parzialmente visibile, con la sua primordiale forma circolare ancora evidente. La sua tipologia richiama due torri longobarde di Benevento, poste sempre lungo le mura: Torre degli Scannelli (o del Santo Panaro) e quella che s’intravede lungo viale dei Rettori.
La torre di Guaiferio, inglobata nel tempo all’interno dei palazzi circostanti, era molto probabilmente utilizzata per uso prettamente difensivo anche se, a tal proposito, ci sono, da parti di molteplici storici, pareri discordanti sulla sua effettiva funzione. Altra torre longobarda è quella posta ad oriente del centro storico, nel vecchio quartiere detto Orto Magno compreso tra due corsi d’acqua, il Rafastia e il Sant’Eremita. In quest’area in cui sorgeva, sempre in epoca longobarda, l’abbazia di San Benedetto, si trovava la Torre del Centrangolo il cui nome deriva dalla presenza della pianta dall’arancio amaro (citrus aurantium) utilizzato per la preparazione dei liquori o in profumeria e le cui foglie venivano utilizzate, inoltre, per favorire la digestione.
Secondo lo storico Amarotta, la torre doveva sorgere nel punto d’intersezione tra le vecchie mura romane e le quelle successivamente aggiunte dai longobardi. La struttura difensiva è ormai inglobata nelle abitazioni realizzate secoli dopo. Del corpo di fabbrica s’intravedono due imponenti archi posti nella sua parte meridionale. Anche in questo caso, esistono pareri discordanti sulla sua funzione effettiva. Più a oriente, come ben ci illustra Arcangelo R. Amarotta, sono presenti le mura realizzate dal Principe Arechi II e i suoi successori. Lo storico ha realizzato una planimetria di Salerno segnando le mura difensive e le porte presenti nei secoli tra l’VIII e il XI secolo d.C.
Lungo la parte più orientale di via San Benedetto si nota, sul lato nord, un alto muraglione che poggia sulle antiche mura longobarde (segnate con la lettera “l”). Proprio all’inizio del secolo scorso fu realizzata una palazzina (la Torretta o Villa Carucci) che molto probabilmente insiste su un’antica torretta longobarda adesso non più visibile, indicata con la lettera “h” (descritta dallo storico Carucci: “Merli di fortificazione medievale nei pressi della Torretta”).
Di particolare interesse risulta essere un setto delle antiche fortificazioni posizionato nell’area a nord dell’ex convento di San Benedetto. L’Amarotta lo indica con la lettera “b”, ed è un elemento storico ancora oggi, per fortuna, non abbattuto, nonostante la realizzazione di numerosi edifici avvenuta tra glia anni ’50 e i’60 dello scorso secolo.
Tale elemento murario si può ben vedere anche in un rappresentazione del Malpica del 1862: nell’area ancora completamente caratterizzata da orti e vasche di raccolta per l’irrigazione, si osserva l’acquedotto medioevale ad est (all’ingresso dell’altopiano dell’Orto Magno) dal quale, poi, parte una diramazione verso ovest e verso sud. Si tratta, molto probabilmente, di una sovrapposizione delle antiche mura urbiche con lo stesso acquedotto.
Lo stesso antico setto è evidenziato in una Eidipsometria realizzata dagli ingegneri napoletani Donzelli – Cavaccini nel 1914: anche in questo caso l’area è ancora destinata a orti e il setto viene denominato “Bastione”, forse impropriamente. L’Amarotta, nella sua planimetria, lo descrive come un “Muro a monte del distretto militare (ex abbazia di san Benedetto), al rione Mutilati. E’stato datato dal De Angelis all’ultimo decennio del secolo XI e dal Castelluccio agli anni ottanta dell’VIII secolo (Arechi II). Alto circa undici metri e spesso un metro o poco più, il manufatto era tracciato in direzione nord- est, da via S. Alferio a un fortino tuttora esistente… In pianta la lunghezza risulta circa centocinquantasei metri; oggi ne sono rimasti non più di cinquanta”. Nel fotografare il setto, lo storico Massimo La Rocca, qualche anno fa, ha evidenziato un’ulteriore torretta con una monofora che sporge nella parte più a oriente della porzione muraria.
In un’interessante analisi comparativa tra due foto, quella dello storico de Angelis risalente al 1935 e la situazione attuale, lo storico evidenzia, inoltre, come su tale foto sono ancora presenti il muro di ronda, il torrino quadrato con la monofora sulla destra, la torretta con cupolino arabeggiante e una cannoniera d’epoca spagnola. La constatazione dello stato di conservazione di questa antica e importante struttura difensiva evidenzia, purtroppo, un degrado e un abbandono imbarazzante. La struttura presente nel pieno centro cittadino è stata fagocitata dalla cementificazione dello scorso secolo, anche se, per fortuna, non ancora abbattuto. Oggi è in preda alle erbacce e al conseguente decadimento, vittima anch’essa, come tante altre realtà storiche salernitane dell’indifferenza da parte di tutti, e persino (tranne in pochissimi casi) della classe intellettuale e storica cittadina.
