Domenico Cipriano e la sua poesia-una preghiera nei tempi per l’Irpinia
-di Denata Ndreca
Preghiera per l’Irpinia
Sta al poeta nutrire questa terra, laddove non c’è acqua, versare un verso. Sta ai poeti prendersi cura della terra, ai contadini; sta a loro che ancora credono e custodiscono – dentro – la voce dei bambini; perché
“solo i bambini riconoscono i gesti affetti
il gioco nel vivere insieme in un non – luogo.
I grandi si adattano ma non comprendono
la semplicità da cui riaffiora la vita. Ci si abitua
ad altro dall’alto dei cumoli di stracci”
E Domenico Cipriano sa farlo, sa prendersi cura di lei con la sua poesia, lo ha già fatto quando Irpinia tremava distrutta e, sa che
“si mostra così la forza
della terra, attaccando i progetti realizzati
rendendo instabili i traguardi idealizzati”
perché “è un fiotto la terra che lotta, sussulta, avviluppa. Confonde la terra che affonda, ti rende sua onda…
la terra che trema riempie memoria. Ti stana, si affrange, ti strema, è padrona”.
È una terra che partorisce fiori senz’acqua la sua,
“ti regalo un fiore
senza strapparlo alla terra
né chiuderlo in un vaso.
Un fiore di ferro che duri
al tempo, con petali inossidabili,
foglie immobili e variopinte
rughe intersecate sullo stelo.
Ma annaffialo dal rubinetto
costituito al centro perché
la ruggine rinnovi sulla pelle
e mutando i colori ricordi
che tornerà settembre”
(La grazia dei frammenti)
Ed “ora che il sole spira tra le cicatrici, la paura ci consuma e appare vano appartenere al mondo”, la sua poesia vuole essere di nuovo una preghiera necessaria e delicata per chi vuole ripartire, sapendo dove si posano le proprie radici, ed un invito ad avere cura della bellezza, in ogni sua forma.
Preghiera per l’Irpinia – inedito
“Lascia che ci difendano gli angeli
dalle paure della notte
qui dove il sole ci riflette
e non c’è discordia con l’eternità.
Ci prenderemo cura delle rughe
del respiro affannato
delle storie che raccontano
le infinite attese e guariremo
le ali spezzate sotto il cielo.
Sarà lieve cullare nuova vita
come quel limpido oscillare
che genera il tuo sguardo sulla strada”
Poesie tratte da “La grazia dei frammenti” (Ladolfi ed., 2020)
C’è uno spazio che separa la riflessione
dalla scrittura in cui devia il mondo. Lì
è fine la nebbia e godo da solo questi
pochi minuti di vita filtrata dalle parole
e brividi vividi di notte: è vita questa
che mancherà per la sorte solerte.
Nicola accende sereno una sigaretta
e si dice felice del calore della sera:
il volto del paese ci divora e dopo
ci separa.
* (a Luigi, mio fratello)
I luoghi li avverti se li hai vissuti, diventano
parte di te. Non rincorrere i fantasmi
di altra identità, la lama ti ha tracciato sul volto
il segno e ad altro non sai appartenere.
Se ti affacci al bordo di una rupe riconosci la vertigine
ma il tempo muta il suono che urla nel ventre
a cui non torni. Sarai altro e da questo non hai scampo
(affliggono i ricordi) conservando silenzioso
la passione di vivere ogni istante nella solitudine
assurda del paese. Lo so che è tutto un mito
che la tua mente sforza, il rincorrersi di punti
per disegnare un nuovo inizio, ma siamo
alla fine dei dissolvimenti (dove la lacrima
non ha più spazio) tra illusione e ricordo
nell’angolo chiuso dove l’era si annulla, la mente
si scosta a un nuovo cenno: e siamo altro,
dove ci ha lasciato.