Il silenzio di Piazza San Pietro ai tempi del Covid-19. Intervista a Mimmo Muolo

di Denata Ndreca-

Il silenzio ha rivestito ogni angolo del mondo, ogni strada, ogni chiesa, ogni panca. Nelle piazze del Vaticano il suono delle campane va solitario, nessun bambino, nessun nonno da prendere per mano…

Di questo oggi ne parliamo con Mimmo Muolo, vaticanista e vice capo della Redazione Romana di Avvenire che ha seguito per il suo giornale gli ultimi tre pontificati, pubblicando anche numerosi libri. Il più recente, “I soldi della Chiesa” (Paoline Editrice, 2019) ha vinto il secondo posto al Premio Cardinale Giordano 2020.

-In tutto questo togliere, in tutto questo continuare a camminare da fermi, accade qualcosa  mai accaduta prima: il silenzio.

La Chiesa ha sempre raccomandato il silenzio, come pratica interiore ed esteriore che permette di guardarsi dentro, di distaccarsi dal rumore del mondo, di avvicinarsi a Dio. In questo momento terribile, dunque, possiamo cogliere l’occasione di un male, qual è il Coronavirus, per volgerlo in bene. Fare silenzio nella nostra vita, per mettersi in ascolto della nostra coscienza, che è il luogo in cui la voce di Dio si fa sentire più forte. Una coscienza, però, non lasciata al puro e semplice libero arbitrio, ma illuminata dalla Parola di Dio, che in questi giorni di forzato isolamento a casa siamo chiamati a riscoprire con più forza. Tutti abbiamo una Bibbia nella nostra libreria domestica. Leggiamone alcuni passi e poi magari con l’aiuto di internet cerchiamo quello che la Chiesa dice a proposito di quei passi. Sono sicuro che parleranno anche e soprattutto alle nostre esistenze.

Le piazze e le chiese si sono svuotate. Le immagini del Santo Padre in Piazza San Pietro, da solo, diventano una breccia nel cuore dei fedeli, credenti e non.

Di questo silenzio ci ha dato appunto esempio il Papa nelle grandi celebrazioni della Settimana Santa e in quel commovente momento di preghiera in una piazza San Pietro vuota, sotto la pioggia, che qualcuno – con immagine poetica – ha paragonato alle lacrime del Cielo. Il silenzio apre alla preghiera, personale e anche comunitaria. Che non è meno efficace se la facciamo attraverso i social. Perché Dio guarda la sincerità del cuore, non certo l’esteriorità dei riti. Con questo non voglio dire che le liturgie – quando potremo riprenderle in presenza fisica – non siano importanti. Anzi. Pregare tutti insieme sarà bellissimo. Ma dobbiamo reimparare a far coincidere la retta intenzione del cuore con la bellezza formale e la solennità dell’azione liturgica. Questo è il vero sacrificio gradito a Dio.

-Dove rimbalza l’eco delle campane in questi tempi, che rumore fa dentro di voi questo silenzio?

Più che di rumore, parlerei di suono. Da quando è iniziato il distanziamento sociale, riesco a concentrarmi di più, a riflettere maggiormente, ad approfondire. Tutte cose che prima, nel mordi e fuggi della vita quotidiana, non ero quasi più in grado di fare. E in questo silenzio, risuona appunto la Parola di Dio alla quale mi sto accostando molto più che nei mesi passati e che sto riscoprendo davvero come il tesoro della nostra vita.

-Il ruolo della Chiesa in questi tempi? Il suo contributo?

Molteplice è il ruolo della Chiesa cattolica anche in questo tempo. Un ruolo spirituale, perché se è vero che non possiamo più andare in Chiesa e i sacerdoti non possono più venire nelle nostre case per svolgere la loro missione, non è cessata la presenza accanto a chi soffre, con una telefonata, con la celebrazione dei sacramenti cui si può assistere mediaticamente e con tante altre forme di conforto spirituale. E poi c’è la carità concreta che dal Papa all’ultima delle parrocchie viene messa in atto in questi giorni. Solo la Cei ha stanziato per l’emergenza 222,5 milioni di euro, per far fronte alle diverse necessità. Soldi che si aggiungono ai 285 milioni di auro già destinati normalmente alla carità anche in assenza di Coronavirus. Insieme fanno 500 milioni di euro. Una risorsa di cui il Paese (e soprattutto i poveri) non possono fare a meno.

-Crede che la Chiesa stia subendo una mutazione tecnologica?

Non lo credo. Sta semplicemente usando i mezzi tecnologici a disposizione, come del resto ha sempre fatto nella sua storia. Non dimentichiamo che il primo libro stampato dopo l’invenzione di Gutemberg è stato proprio la Bibbia. La Chiesa sa che oggi bisogna abitare anche i social (che qualcuno ha definito il sesto continente) e in questo periodo di emergenza tale presenza è diventata più che mai evidente, ma niente affatto sostitutiva di quella fisica che potrà e dovrà essere ripresa con determinazione nella fase successiva al virus.

Denata Ndreca