I Santi Martiri Salernitani e la Cappella a loro dedicata

La venerazione dei Santi, caratteristica del culto di stampo cattolico, è uno dei fondamenti della cultura e del folclore di tutte le comunità sparse sul territorio italiano. Anche a Salerno la venerazione del Santo Patrono si affianca a quella di altre figure cristiane importanti, tra le quali tre, in particolare, ricevono un’onorificenza speciale proprio nel giorno della celebrazione del Santo Evangelista Matteo (custode della città): Fortunato, Caio e Ante. Considerati tra i primi Martiri della Chiesa, essi riposano nella Cripta della Cattedrale di Salerno e sono anche ritenuti difensori della città durante le invasioni saracene che martoriavano le coste tirreniche. A tal proposito, una leggenda, in particolare, evoca la vicenda di un certo emiro Abd-Allah in procinto di devastare anche Salerno, dopo aver già distrutto gran parte del territorio campano. Ma una notte San Fortunato, comparso in sogno a un cacciatore, rivelò che i salernitani avrebbero dovuto controbattere l’offensiva dei saraceni per vincere la battaglia grazie all’aiuto di Dio. Abd-Allah morì sotto una trave cadutagli addosso poco prima di abusare di una giovane fanciulla salernitana all’interno di una chiesa. I Santi subirono le persecuzioni da parte degli Imperatori Massimiano e Diocleziano. Dopo aver vissuto per un periodo nascosti in preghiera, furono scoperti da un Proconsole e subito interrogati. La profonda fede Cristiana fece loro disprezzare e rinnegare gli dei Pagani, nonostante le ripetute minacce di tortura. Dopo un primo episodio miracoloso manifestatosi sotto forma di esplosione di una grande luce all’interno delle carceri, che intimorì gli stessi carcerieri, il Proconsole ordinò di portarli in Sicilia per essere uccisi.  Nel corso del viaggio, la nave incontrò una furiosa tempesta che si placò grazie alle preghiere dei Martiri. Approdarono non più in Sicilia ma a Castelluccio in Lucania e assieme ad altri cristiani furono mandati al cospetto del Proconsole Leonzio che uccise una parte del gruppo. Fortunato, Caio ed Ante furono portati il 28 Agosto a Salerno dove il Proconsole tentò ancora di convertirli al Paganesimo, ma di fronte al loro ennesimo categorico rifiuto, i poveri martiri furono decapitati nei pressi di una chiesetta dedicata al Dio Priapo, in prossimità dell’attuale via Santi Martiri. I loro corpi, dopo essere stati protetti da tre aquile mandate da Dio, non furono più dispersi e dati alle belve ma seppelliti in prossimità del fiume Lyrinus (Irno). Fu eretta una chiesa a loro dedicata verso la metà del IX secolo d.c. rimasta attiva fino alla fine del XVI secolo. A causa delle continue scorribande dei saraceni, il Vescovo Bernardo, vissuto sotto il Principe longobardo Gisulfo I, portò le sante reliquie all’interno della città. Nella Cripta del Duomo di Salerno, vi sono 3 cappelle, quella centrale, la più grande, è dedicata ai Martiri Salernitani, detta anche della Scuola Medica salernitana. Lo storico salernitano Antonio Mazza, Procuratore della Scuola Medica, volle commissionare, nel 1679, all’artista napoletano Giovan Domenico Vinaccia la realizzazione dei tre busti di bronzo raffiguranti Ante, Caio e Fortunato. Le statue furono completate un anno dopo e attualmente posizionate sull’altare realizzato nel 1753 sempre per volere della Scuola Medica all’interno della Cripta. Quest’ultima aveva perso da poco il suo originario stile romanico con una incisiva trasformazione dell’ambiente sacro secondo i canoni barocchi dell’epoca, grazie alla progettualità di Domenico Fontana e del figlio Giulio Cesare.  La loro tomba è posizionata al centro della cappella, all’interno di una grossa urna, riconoscibile attraverso una grata, posizionate in esso sono anche le reliquie di un ulteriore martire salernitano: San Felice. Sulla lapide che affianca la grata è descritta la ricognizione canonica delle sacre reliquie effettuata nel 1954 da Monsignor Demetrio Moscato il quale effettuò anche una parziale sistemazione della tomba. Di grande interesse risulta la colonna strigilata sulla quale, secondo la tradizione, i Santi martiri furono decapitati. Si dice che mettendo l’orecchio vicino la colonna si senta ancora il rumore dello scorrere del sangue dei Martiri. In un quadro acquerellato datato 1846, di Achille Vianelli, si mostra la cripta con la sua particolare atmosfera di grande raccoglimento in uno stile romantico-posillipiano. In essa si può notare, sulla destra, la cappella dei Martiri salernitani con le colonne ancora rivestite dai marmi policromi, riportate a vista soltanto nel 1969. Altro particolare che possiamo scorgere è la presenza dell’altare posizionato al centro dell’ambiente sacro. Negli anni ’50 dello scorso secolo lo stesso fu addossato alla parete di fondo con la realizzazione di un coro con sedili di marmo ai suoi lati. Molti gli affreschi, di mediocre fattura, presenti sulle volte della cappella. Essi furono realizzati da Belisario Corenzio all’inizio del XVII secolo. Raccontano le storie dei Martiri, del Santo Patrono e l’assedio di Salerno da parte dei saraceni nell’871 d.c.. Sulla destra scorgiamo la leggenda del cacciatore che sogna San Fortunato consigliandogli come liberare Salerno dai saraceni; sulla sinistra, invece, è raffigurata la morte dell’emiro Abd-Allah nella chiesa, fuori le mura, da lui profanata. Nella terza raffigurazione si vede la liberazione della città dai saraceni. L’affresco sulla destra del finestrone centrale rappresenta il Vescovo di Paestum Giovanni che incontra il monaco Atanasio che aveva trovato il corpo di San Matteo, mentre sulla sinistra scorgiamo il Principe longobardo Gisulfo I che si rivolge all’abate Giovanni invitandolo ad andare a Capaccio per prelevare il corpo del Santo Patrono e portarlo a Salerno. Altri affreschi sono posizionati sul coro della cappella e raffigurano la traslazione del corpo di San Matteo, il miracolo della sorgente d’acqua a Rutino e il corteo d’ingresso delle Reliquie nel Duomo di Salerno.

Daniele Magliano

Architetto- giornalista che ama approfondire tematiche di architettura, urbanistica, design, ma anche di storia, evoluzione e curiosità riguardanti oggetti di uso quotidiano. Mi piace, in generale, l'arte della costruzione: riflesso del nostro vivere in quanto unisce passato, presente e futuro prossimo di una comunità.

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