Il “Rione Zevi” a Salerno: un buon esempio di edilizia popolare

Dall’inizio degli anni ’40 dello scorso secolo, il dibattito urbanistico delle città d’Italia prende maggior vigore con la legge dell’Agosto del 1942 (n°1150). L’attenzione su una prestabilita pianificazione urbanistica che associ l’interesse di tipo sociale con quello individuale e stabilisca la possibilità di realizzare nuova edilizia solo soltanto nei Comuni con Piano Regolatore vigente, diviene argomento di discussione di primaria importanza anche a Salerno, soprattutto dopo la fine della seconda Guerra Mondiale. Il caso del Capoluogo campano, così come di tante altre città italiane, fu molto particolare poiché, la primordiale ricerca di un modello ideale di sviluppo urbano, cedette il passo, in particolare tra gli anni ’50 e i ’60, ad una indiscriminata espansione territoriale con il fine di incrementare le rendite fondiarie. Così, nel 1953, il Comune di Salerno decise di adottare un nuovo Piano Regolatore per la cui realizzazione fu nominato l’Architetto Plinio Marconi, affiancato dagli ingegneri Luigi de Angelis e Antonio Marano. Definitivamente approvato nel 1958, tra le iniziative proposte, di particolare interesse è certamente il Piano per l’Edilizia Economica e Popolare. Con la Legge (Piano Fanfani) del 28 Febbraio 1949 n° 43, viene istituita la gestione INA-Casa per la realizzazione di case per lavoratori. Nel primo settennio INA-Casa a Salerno si realizzarono poche unità abitative nei pressi del Campo Sportivo Vestuti e su Via Irno. Con la legge proroga n° 1148 del novembre 1955, assistiamo, invece, a un programma di particolare importanza e di considerevole dimensione con l’esecuzione di due unità abitative (secondo settennio): il De Gasperi del 1959 affidata all’Arch. Plinio Marconi e quello di Pastena del 1958 (Rione Zevi) più noto con il nomignolo Serpentone o “a’ Ciampa ‘e Cavallo” per via della sua particolare forma a ferro di cavallo. Il Rione Zevi risulta un modello d’intervento edilizio che si distingue dal resto dell’edificato di quell’area della città. Di fatti, rispetto alla crescita disordinata e priva di buona architettura di quegli anni, il Rione si presenta con un modello sicuramente alternativo, sia per la qualità architettonica che per le sue destinazioni d’uso, che non erano solo edilizie. Capo-Gruppo dei progettisti era il celebre Architetto romano Bruno Zevi, accompagnato da un equipe di ulteriori architetti: I. Balletti, M. Calandra, A. Di Carlo, L. Ronchi e l’ingegnere L.Rubino. Il complesso è costituito da una serie di fabbricati suddivisi per tipologia in complesso A, B1, B2, B3, C1, C2 e C3. Con l’approvazione della Commissione Edilizia del 24 settembre 1958 n° 236, si dà il via libera alla realizzazione del primo corpo di fabbrica (A) e alla descrizione dei restanti. La struttura ha un andamento particolarmente sinuoso, si sviluppa su 4 piani compreso il pian terreno e comprende 42 appartamenti per piano, ad eccezione di quelli posti al piano terra che sono 33. La lunghezza dell’edificato risulta essere di 440 ml. circa, la larghezza di 10,70 ml. e l’altezza media, alla gronda, è di 17 ml. L’intero edificio è contornato da una zona recintata da muretti bassi, sistemata a verde, larga 4 metri circa. Sono presenti 13 scale normali e 8 ad angolo (30°), e servono ciascuna 2 appartamenti a piano. Sono edifici con prospetto in mattoni faccia a vista, con effetto estetico di particolare interesse e vigore, la copertura è a falde e nei sottotetti sono ricavati 8 soffitte per ogni corpo scala. L’edificio è attraversato da 2 sottopassaggi carrabili e pedonali e da 3 sottopassaggi solo pedonali. Con Deliberazione della Commissione Edilizia del 27 Gennaio 1959 n°18 si approvano i progetti dei fabbricati C1, C2, C3. Si tratta di una serie di case unifamiliari per un totale di 41 alloggi dei quali 5 su un piano, mentre gli altri su 2 piani per un totale di 287 vani. Posizionato lungo la strada centrale del quartiere è il nucleo C3, costituito da 8 abitazioni, dove erano previste botteghe artigiane ai piani terra.  I restati corpi di fabbrica C1 e C2 (posti nella parte nord del quartiere), formano anch’essi una serie di case a schiera, che assumono andamento sinuoso. Come per i palazzi del gruppo A, è presente una zona a verde al pian terreno, con fioriere e un terrapieno lastricato e recintato per ogni unità abitativa. Il fronte nord è costituito da ulteriori giardini privati. Ben curate sono le abitazioni su 2 piani che si sviluppano su 104 mq. circa con soggiorno e cucina al piano terra, scala baricentrica e stanze da letto, bagno e locale soffitta sul livello superiore.  Gli edifici in questione presentano un semplice intonaco con gli infissi esterni progettati in legno con persiana o scuri mentre gli infissi di piccola apertura sono in ferro. Con L’approvazione della Commissione edilizia n°32 del 15 gennaio 1960 vengono realizzate le ultime abitazioni B1, B2, B3. Anch’esse destinate principalmente ad abitazioni, si prevedevano servizi comuni su alcuni piani terra. La tipologia è molto simile a quella del corpo di fabbrica (A) con 4 piani compreso quello al pian terreno. Il Rione fu completato nel Settembre del 1962. Il complesso avrebbe, inoltre, dovuto contenere, al suo interno, anche ulteriori strutture come una scuola Elementare, una scuola Materna, un Centro di Approvvigionamento (con un bar, un tabacchi, una latteria e un giornalaio) e un Centro Sociale, divenendo, nelle intenzioni dei progettisti, un quartiere modello non solo per gli svariati elementi architettonici presenti in esso, ma anche per la sua caratterizzazione polifunzionale e autonoma per molti aspetti.  Le ultime strutture, mai realizzate, erano legate a un Progetto di Massima approvato anche dalla Commissione Edilizia il 3 Marzo 1959 n°64. Di particolare interesse architettonico risulta il Centro Sociale (superficie totale 270 mq. circa) costituito da un corpo di fabbrica quadrato diviso su 2 piani contenente gli uffici. Da questo corpo centrale se ne sarebbero articolati altri due: quello a nord destinato a sale per riunioni, e quello a sud, per il laboratorio. Per la sala per le riunioni si prevedeva, sia internamente che esternamente, un rivestimento in mattoni faccia a vista, mentre gli altri corpi di fabbrica prevedevano un semplice intonaco. Cornicioni fioriere e parapetti sarebbero stati in cemento armato, mentre la scala interna si sarebbe realizzata in legno. Allo stato attuale è presente una struttura che ospita l’Associazione Socio-culturale Sportiva e Dilettantistica “Bruno Zevi” (Coordinatori e Responsabili: Aldo Romano e Luigi Della Rocca, nata il 18 Agosto 2009), molto attiva nel quartiere, da cui sono nate numerose iniziative sociali, ricreative e soprattutto culturali. Attorno all’Associazione è presente un bel giardino, in buone condizioni, pieno di alberi d’alto fusto, con giostrine per bambini, un campetto di calcio e un’area per lo sgambamento dei cani. Sono dell’artista ceramista polacca Irene Kowaliska, esponente di quella scuola tedesca vietrese che diede vigore e rinascita alla ceramica nei primi decenni del XX secolo, le targhe di maiolica poste in prossimità dei civici e in corrispondenza dei passi carrabili del blocco di case di tipo A. Una targa rappresenta un gruppo di famiglia sotto una tenda, altre invece propongono il disegno di una casa tipica mediterranea. Si tratta di disegni molto minimali ma ricchi di profondi significati (l’idea, ad esempio che INA-Casa voglia dare un tetto a chi lavora ma che non ha ancora una casa), che dialogano tra loro: il gruppo di famiglia come interno alla casa e la casa stessa come esterno.

Daniele Magliano

Architetto- giornalista che ama approfondire tematiche di architettura, urbanistica, design, ma anche di storia, evoluzione e curiosità riguardanti oggetti di uso quotidiano. Mi piace, in generale, l'arte della costruzione: riflesso del nostro vivere in quanto unisce passato, presente e futuro prossimo di una comunità.

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