Il Duomo e Castel Terracena: simboli del potere di Roberto il Guiscardo

Salendo via Duomo, nel cuore del centro storico di Salerno, e una volta giunti in cima, il visitatore ha quasi la sensazione di ritrovarsi indietro di 1000 anni e di ripercorrere, svoltando a destra, su Via Roberto il Guiscardo, i fasti dell’epoca normanna. E’ un luogo ricchissimo di storia dove si collocano, da un lato, la Cattedrale, a sud, e dall’altra l’edificio della Curia Arcivescovile, che contiene al suo interno il Tempio di Pomona. La strada intitolata a Roberto il Guiscardo, non a caso rievoca il valore e l’importante esperienza in Salerno di un personaggio di grande spessore. Il Duca D’Altavilla, detto il Guiscardo (dal francese antico guiscard, che vuol dire furbo e astuto) era figlio di Tancredi d’Altavilla. Inizialmente impegnato in svariate battaglie combattute sul territorio meridionale come mercenario al servizio dei Bizantini, Roberto il Guiscardo si rivoltò contro di essi scacciandoli e creando, nel tempo, un vero e proprio dominio su quasi tutti i territori del sud Italia. Nel 1059 con il Concordato di Melfi, il Papa Niccolò II  lo proclamò Duca di Puglia, Calabria e Sicilia, quest’ultima liberata, in parte, dai saraceni. Il rapporto con la città di Salerno iniziò con il suo secondo matrimonio con la sorella del Principe longobardo Gisulfo II, Sichelgaita che determinò un temporaneo accordo tra normanni e longobardi. Di carattere molto ribelle, a volte crudele, ma allo stesso tempo astuto, Roberto iniziò, successivamente, una campagna bellicosa contro i territori dell’Italia meridionale dominato dai longobardi. Nel 1077 cacciò il cognato, Gisulfo II dal castello di Salerno e il Principato, come quello di Benevento e di Capua, passò sotto il potere dei Normanni. Lo scaltro Roberto, tuttavia, nel tentativo ben calcolato di accattivarsi  la fedeltà dei salernitani, decise di realizzare una grande chiesa in onore di San Matteo, le cui reliquie erano state trasportate, per volontà del Principe Gisulfo I nel 954 d.c., da Capaccio a Salerno. La Cattedrale fu realizzata dall’Arcivescovo Alfano che s’ispirò ai dettami tipologici della basilica di Montecassino, costruita qualche anno prima dall’abate Desiderio. Il Duomo della città venne consacrato nel 1084 dall’allora pontefice Gregorio VII che, salvato da Roberto d’Altavilla durante il tentativo di occupazione romana da parte dell’Imperatore Enrico IV, si trovò nel 1080 profugo in Salerno. La Cattedrale, in stile romanico, di grandi proporzioni e splendida nella sua architettura, divenne simbolo e monumento del poderoso valore  e delle coraggiose conquiste di Roberto il Guiscardo. Secondo Monsignor Guerino Grimaldi il Duomo fu descritto come “……Orgoglio e potenza da parte del Guiscardo, spiritualità e genialità da parte di Alfano si fusero con tale forza e decisione da realizzare, nel breve spazio di circa quattro anni un’opera grandiosa”. Sull’elegante architrave d’ingresso al quadriportico, di fattura architettonica mista tra l’orientale, bizantina e romanica, sono impressi due distici probabilmente dettati da Alfano: “Dux et Jordanus dignus princeps capuanus regnent eternum cum gente colente Salernum” (Il Duca e Giordano degno principe di Capua regnino in eterno col popolo che abita in Salerno). Con tale iscrizione si ricordava la riconciliazione tra Roberto e Giordano I, nipote del Guiscardo, fautore di una rivolta in Puglia contro lo zio nel 1084. Dal quadriportico, sulla facciata della chiesa, al di sopra di tre finestroni romanici, si legge un’iscrizione in marmo : “ M(attheo) A( postolo) et Evangelistae Patrono Urbis Robbertus Dux R(omani) Imp(erii) maximus triumphator de erario peculiari”. Essa documenta la grandiosità del Guiscardo il quale fece erigere il Tempio completamente a sue spese. Un’ulteriore iscrizione presente sull’architrave del portale interno, gemella di quella esterna, descrive : “A duce Robberto donaris Apostolo templo pro meritis regno donetur ipse superno” ( Dal Duca Roberto ti è donato, o Apostolo, il tempio : per i tuoi meriti sia donato a lui il regno superno-celeste-). All’interno del Museo Diocesano di Salerno, non lontano dal Duomo, nella sala che ospita opere provenienti dalla Cattedrale, è esposta una preziosa croce che Roberto il Guiscardo portava con se dalla presa di Durazzo avvenuta nel 1081. Profondamente modificata nel tempo, la croce contiene al suo interno  un reliquiario: un dente di San Matteo e un altro di San Giacomo. La struttura interna è in legno ed è completamente rivestita da lamine di ottone e da pietre preziose e smalti traslucidi. Del XIV secolo sono, invece, le placchette  realizzate dal senese Tondino di Guerrino e raffiguranti l’Ecce Homo, San Giovanni, un Apostolo e Nostra Signora dei Sette Dolori. Altra importante realizzazione del Guiscardo è Castel Terracena, eretto molto probabilmente per volontà della moglie la principessa Sighelgaita. Realizzato nella parte più orientale della città in prossimità delle mura nella zona detta “Ortomagno”, della reggia normanna rimangono, purtroppo, pochissime tracce presenti nella casa-torre in prossimità di via san Michele. Si tratta di decorazioni a tarsia policroma o dell’arco maggiore  a tutto sesto ( che contiene al suo interno una bifora) costituito da tufo giallo, tufo grigio e il cotto. Tra l’arco maggiore e gli archetti si può ammirare una stella a sei punte, elemento decorativo presente  anche in altre volumetrie coeve come la Curia Arcivescovile, il Duomo o sul portale di Palazzo Fruscione. Grazie all’occupazione dei normanni, la città visse una florida ripresa sia economica che sociale. L’ambizione del Guiscardo, tuttavia, spinse il conquiestatore ben oltre i confini dell’Italia meridionale puntando verso l’Impero d’Oriente. Sfortunatamente la morte sopraggiunse improvvisa a Cefalonia a causa di una violenta febbre, il 17 Luglio 1085. Il corpo fu poi sepolto a Venosa nella chiesa della Santissima Trinità.

Daniele Magliano

Architetto- giornalista che ama approfondire tematiche di architettura, urbanistica, design, ma anche di storia, evoluzione e curiosità riguardanti oggetti di uso quotidiano. Mi piace, in generale, l'arte della costruzione: riflesso del nostro vivere in quanto unisce passato, presente e futuro prossimo di una comunità.

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