La rinascita della Chiesa di San Sebastiano del Monte dei Morti
Chiunque percorra Largo Plebiscito, nella parte nord-est del centro storico di Salerno, difficilmente può non accorgersi di un edificio religioso assai singolare in città, soprattutto per il suo impianto architettonico : la chiesa di San Sebastiano del Monte dei Morti, o più comunemente detta dei “Morticelli”. Sublime esempio di architettura tardo-rinascimentale con tipologia costruttiva legata ai canoni del XVI secolo (comune ad altre tre chiese presenti sempre nel centro storico, ovvero la chiesa di Sant’Anna al Porto, San Filippo Neri e il S.S. Salvatore, tutte a pianta ottagonale), la primordiale chiesa era dedicata ai santi martiri Sebastiano, Cosma e Damiano.
Secondo la tesi (non troppo attendibile, in realtà) di Monsignor Arturo Carucci, la chiesa, per le sue caratteristiche architettoniche, potrebbe essere un antico battistero paleocristiano. Certa è la data della sua ristrutturazione o edificazione avvenuta nell’anno 1530, dal voto dei cittadini scampati alla peste che aveva decimato la popolazione alcuni anni prima. La costruzione della chiesa iniziò il 28 marzo 1530, secondo un atto notarile di Bernardo Del Giudice. Il progetto, del quale mancano, purtroppo, documentazioni grafiche (le prime saranno realizzate a partire dall’ampio rifacimento del XVII secolo) fu realizzato dall’architetto Antonio de Ogliara. Di certo è originario l’impianto ottagonale della chiesa e la cornice che inquadra il portale d’ingresso. Nel 1615 la chiesa si trasformò in sede dalla Confraternita del Monte dei Morti legata alla devozione per le anime del purgatorio e, dunque, in luogo deputato allo svolgimento delle messe in suffragio dei defunti, subendo, peraltro, numerose modifiche.
Accanto alla semplice cornice modanata cinquecentesca del portale, si sono aggiunte le colonne laterali scanalate con i capitelli corinzi poggianti su basamenti e sormontate da un timpano curvilineo spezzato, caratteristica di molte chiese partenopee realizzate sempre nel XVII secolo. Le colonne sono, inoltre, affiancate da scheletri con falce, mentre i basamenti delle stesse ritraggono bassorilievi raffiguranti teschi e clessidre : la vita e la morte.
Sempre nel XVII secolo s’intervenne sul pavimento composto da marmi e maioliche che ripetono lo schema geometrico della cupola a ombrello, a otto spicchi, sormontata da una lanterna. All’interno, di particolare interesse, ritroviamo una grossa lapide posta sulla parete est risalente al 1623, sulla quale si documenta la concessione da parte di Papa Gregorio XV di una proroga di ulteriori 5 anni per le celebrazioni di alcune messe in suffragio dei defunti. Ai lati di essa sono posti 4 stemmi, di cui quelli a sinistra sono legati al Pontefice Gregorio XV e al Cardinale Lucio Sanseverino.
Un altro stemma, simbolo della città di Salerno, è posto sopra l’arco dell’altare maggiore. Ulteriori rifacimenti interessarono la struttura in seguito al terremoto del 1688, con un intervento sulla cupola allora ricoperta da riggiole. Del XVIII secolo sono i pregevoli quattro altari minori e quello maggiore rivestiti da marmi policromi e inseriti sotto grosse nicchie poste all’interno di otto lesene con capitelli dorici, mentre le pareti sono tutte decorate da numerose applicazioni a stucco. In prossimità della chiesa era presente l’antica Porta Rotese descritta sulla tavola Malpica (1862): la rappresentazione indica il recupero urbano di una porzione del centro storico di Salerno, mentre tra gli elementi da abbattere o rettificare, segnalati in rosso, figura proprio la succitata Porta. Il Consiglio Comunale del 29 settembre 1866, infine, approvava, purtroppo, i lavori di abbattimento sotto la direzione dell’architetto Casalbore. Restaurata a metà XIX secolo, nel 1947 la chiesa divenne sede della Confraternita di San Bernardino mentre nel 1980 l’edificio fu dichiarato inagibile a causa del terremoto, pur restando aperta fino al 1986. Sottoposta a restauro conservativo, nel settembre del 2010 fu riaperta al pubblico per essere poco dopo richiusa mentre alcune tele, in essa conservate, raffiguranti San Francesco di Assisi, San Giacomo e San Domenico furono rimosse per non essere più ripristinate. Altre due, ovvero la Purificazione (del XVII secolo) e l’Ultima Cena (del XVIII secolo) sono attualmente nella Curia arcivescovile. A partire dal 2018, grazie all’opera del gruppo BLAM ( presieduto da Alessia Elefante e da Ludovica La Rocca) si è creata una sorta di sinergia storico-culturale, legata a numerose iniziative artistiche che coinvolgono anche il semplice cittadino. E’una realtà costituita da cultori dell’architettura locale, da studenti, appassionati di storia salernitana, fotografi, architetti e artisti di vario genere che si avvale della collaborazione della Facoltà di Architettura di Napoli – DIARC – e del il Comune di Salerno, che ha avviato un progetto per il riuso della chiesa dei Morticelli e, dunque, per la sua completa valorizzazione.
Il responsabile di questa bella iniziativa è l’architetto Maria Cerreta, professore associato della Federico II, la quale con la collaborazione di altri professionisti specializzati nel settore della rigenerazione urbana (arch. Paola Scala, l’arch. Maria Luna Nobile e l’arch. Maria Federica Palestino) si occupa del recupero e della valorizzazione di luoghi e spazi da tempo in disuso, con un progetto che prende il nome di S.S.M.O.L.L. (ovvero San Sebastiano del Monte dei Morti Living Lab). In sinergia col progetto, andrebbe rivalutata e, maggiormente rispettata, anche la piazza stessa che, al momento, vive una fase di degrado assolutamente incompatibile con lo splendore dei tesori storici in essa presenti i quali meriterebbero una maggiore attenzione in contrasto al generale disinteresse da parte dell’Amministrazione come dei salernitani stessi.
Resta la speranza che il progetto succitato possa essere in futuro applicato anche ad altri monumenti attualmente abbandonati come Palazzo San Massimo, la chiesa di San Filippo Neri, la chiesa di Santa Maria de Alimundo, ex Convento di Santa Maria della Consolazione e gli ex Conventi di San Francesco, San Paolo e San Pietro a Majella.
