A Milano è approdata la multinazionale del Frappuccino

La nuova realtà americana è già denunciata dall’Antitrust- di Claudia Izzo-

Starbucks,  più grande rivenditore di caffè,  con i suoi 28 720 punti vendita in 78 paesi, di cui 12 000 negli Stati Uniti, è approdata nel cuore di Milano. Certo non poteva sbarcare nel meridione d’Italia dove il caffè, specialmente a Napoli, è una cosa serissima, da gustare in tazzine di ceramica rigorosamente bianca, spessa e senza decori, preparato con le proprie mani come voleva il grande Eduardo, rito lontano anni luce dal packaging  made in USA che ci riporta  ai film americani di tempi ormai  lontani. In questa azienda, fondamentalmente, il caffè nasce per essere bevuto “on the go” o “to go” , fuori dal negozio, riportandoci alla mente la freneticità della vita d’ oltreoceano.

La sirena americana prima a seni nudi, poi ricoperti dai capelli, che si vede sul logo, detta in America il suo stile in fatto di caffè. E lo fa dai primi di settembre anche a Milano dove fin dalle 4.30 della mattina dell’inaugurazione  si è potuto assistere al formarsi di lunghe code per giungere nell’ex Palazzo delle Poste, in Piazza Cardusio. Maxi schermi con filmati dell’azienda, blocco del traffico con piazza fittata per l’occasione e strapagata, soldi privati in casse pubbliche anche per lo straordinario dei numerosi vigili impiegati, con annesso  spettacolo dei ballerini del Teatro alla Scala. Dopo la festa, solo 1200 eletti con invito hanno potuto varcare l’uscio della nuova caffetteria.

Eppure, neanche aperta, la catena di caffè è già stata denunciata dall’Antitrust, garante della concorrenza e del mercato per i pezzi troppo alti, dall’associazione Codacons, da sempre in difesa dei diritti dei consumatori. Per un espresso si sta in fila pagandolo 1 euro e 80 centesimi,  per un cappuccino ce la si cava con 4 euro e 50.

Jerry Baldwin, insegnante di inglese, Zev Siegl,  insegnante di storia, e Gordon Bowker,  scrittore, furono i tre studenti della Università di San Francisco che nel 1971 aprirono il primo negozio Starbucks a Seattle.  Howard Schultz ne fu storico amministratore delegato, riconosciuto ormai come il vero fondatore della famosa catena. L’azienda prese il suo nome dal primo ufficiale di coperta di Moby Dick.

Qui bisogna capirsi un attimo,perché una tazza piccola viene chiamata tall, una media viene chiamata grande, mentre quella più grande viene chiamata venti. Latte indica il caffellatte, Solo e doppio l’ espresso, Caffè macchiato il Cappuccino.

Non me ne vogliate ma il caffè resta per me un rituale, quello diffuso a Napoli da Carolina d’Asburgo, figlia di Maria Teresa che l’ esaltò in ricordo degli usi e costumi viennesi, quello stesso  rituale tanto caro ad Eduardo che lo ha portato nel suo teatro come simbolo di un popolo. Non me ne vogliate se amo sorseggiarlo, parlando, seduta, non in un bicchierone di carta con una sirena, ma in candide tazzine, perché il protagonista assoluto è il caffè. A Napoli, poi, il caffè può divenire persino “sospeso”,   un caffè pagato per chi non se lo può permettere. Tutto lontanissimo dal marketing, ma vicino al cuore.

 

Claudia Izzo Claudia Izzo

Claudia Izzo

Giornalista dal 2005, Direttore di salernonews24.it, fonda e dirige campanialife.it, cetaranotizie.com. Presidente dell’Associazione Culturale Contaminazioni è ideatrice e organizzatrice del Premio Nazionale Aristeia e di iniziative culturali sul territorio nazionale. Già membro della Commissione Cultura dell’Ordine dei Giornalisti della Regione Campania per il triennio 22/24, è attualmente membro della Commissione Vigilanza. Docente di Giornalismo presso istituti scolastici. Ideatrice e conduttrice della rubrica Ex Libris sull’emittente RCS75. Già ghost writer per tre campagne elettorali, è ideatrice e curatrice del libro “La Primavera Fuori. 31 scritti al tempo del Coronavirus. (Il Pendolo di Foucault). Si occupa di comunicazione, storia, design e territorio.

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