Il contratto di fiume
Un patto “dal basso” per la salute dei corsi d’acqua- di Maria Gabriella Alfano
“Non si può cogliere un fiore senza turbare una stella”. Queste parole di Albert Einstein calzano a pennello allo stato dei fiumi in cui ogni azione puntuale si riflette sull’intero corso.
I fiumi sono la struttura portante del sistema insediativo. La loro presenza ha determinato la nascita di importanti civiltà. Non è un caso se le principali città del pianeta sono attraversate da corsi d’acqua.
Dal fiume dipendeva la sopravvivenza delle comunità umane perché le loro acque erano utilizzate per l’agricoltura. Basti pensare alla così detta “mezzaluna fertile”, il territorio a forma di falce di luna attraversato dal Tigri, dall’Eufrate e dal Nilo, reso fertilissimo dal limo che i fiumi lasciavano dopo le esondazioni.
Nel passato il fiume era integrato nella vita delle comunità. Lungo le sue sponde si faceva il bucato, si pescava, si attingeva l’acqua per abbeverare persone e animali. I corridoi fluviali, inoltre, collegavano i territori, favorendo i rapporti culturali e commerciali tra le popolazioni. Con il trascorrere del tempo, ahimè, i fiumi sono stati abbandonati e sono diventati luoghi da destinare a tutto ciò che la città espelleva. Cementificazioni degli alvei, inquinamento delle acque per scarichi civili e industriali, sversamento di rifiuti di ogni genere hanno avvelenato le acque e hanno trasformato i bacini fluviali in discariche a cielo aperto.
A questi problemi si aggiungono gli effetti dei cambiamenti climatici. In occasione delle piogge copiosissime sempre più frequenti negli ultimi anni e complice la ridotta capacità di assorbimento del terreno a causa dell’urbanizzazione, in pochi minuti giungono nei fiumi enormi masse d’acqua che ne provocano l’esondazione. Sul fronte opposto, lunghi periodi di siccità impediscono la ricarica degli acquiferi. Per non parlare delle frane e degli smottamenti.
In definitiva si può affermare che il corso d’acqua rispecchia lo stato di salute del territorio: un fiume inquinato indica che anche il suolo, l’aria, l’acqua lo sono e che è a rischio la salute delle persone.
Oggi è cresciuta la sensibilità per i temi che riguardano la vita e la salute. I cittadini sono sempre più interessati e determinati a far sentire la propria voce per avere un peso nelle decisioni.
Non è la prima volta che il fiume diventa terreno di scontro, in nome di esigenze che ciascuno rivendica. I pescatori, gli ambientalisti, gli agricoltori, i sindaci. Interessi confliggenti che non sempre la governance politica riesce a comporre.
Non solo. Un’altra grande criticità deriva dalla sovrapposizione di enti e di competenze (Genio Civile, Consorzi di Bonifica, Autorità di bacino). Questa frammentazione emerge con drammaticità nel caso di fenomeni di straripamento e di esondazione in quanto non sempre è garantito il coordinamento delle rispettive azioni, fondamentale per azioni efficaci e tempestive.
Appare importante, quindi, strutturare il dialogo istituzionale e garantire un maggiore coinvolgimento della collettività avvalendosi di strumenti di programmazione e tecniche di gestione innovativi. Uno di essi, utilizzato con successo in diverse zone del nord Italia, è il “contratto di fiume”. Si tratta di un patto volontario, “dal basso”, fatto di regole decise dagli stessi sottoscrittori pubblici e privati che vivono nel territorio attraversato dal fiume.
Un processo che si sviluppa di pari passo con le trasformazioni del territorio. Uno strumento dinamico, che si fonda sulla responsabilità di ciascuno degli attori coinvolti, uno strumento in cui ogni sottoscrittore trae beneficio dalle azioni di tutti gli altri, ma allo stesso tempo apporta anche esperienze personali.
Con il contratto di fiume, introdotto in Campania dalla Delibera della Giunta regionale n.452 del 22 ottobre 2013, non si guarda alla problematica del fiume, ma a quella dell’intero territorio del bacino fluviale da cui, come è noto, discendono molte delle criticità.
Sottoscrivendolo, enti, associazioni di categoria, associazioni ambientaliste, gestori di strutture produttive, operatori turistici e semplici cittadini si impegnano a conciliare gli usi e le funzioni multiple che ciascuno ha verso il corso d’acqua, in nome dell’interesse più alto della salvaguardia del fiume e del suo stato di salute.