Imbrigliati nei vincoli
La tortuosa attività edilizia sui beni tutelati- di Maria Gabriella Alfano-
Uno dei problemi maggiori per chi intraprende attività edilizie nel territorio provinciale è l’autorizzazione paesaggistica. Si sa, c’è da rispettare il PUT, i Piani paesaggistici, la Galasso, i Piani dei parchi. Anche nel resto del Paese è così: oltre la metà del territorio è sottoposto alle limitazioni imposte dalla tutela del paesaggio, una misura necessaria per tutelare gli immobili e le aree di pregio.
Come è noto, il Comune non è l’unico Ente interessato dal procedimento autorizzatorio. Dopo il via libera delle Commissioni insediate presso i comuni, è la Soprintendenza che ha l’ultima parola. È suo, infatti, il parere vincolante per il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica. In caso di esito negativo, al proponente non resta altro che il ricorso al TAR, accollandosene le spese.
Un percorso tortuoso, dunque. Quali sono le ragioni? Perché, nonostante le semplificazioni intervenute negli anni, i problemi sussistono?
Secondo i progettisti, la maggiore criticità del procedimento per ottenere l’autorizzazione a eseguire i lavori deriva dalla mancanza di regole certe e oggettive a cui attenersi per superare i “vincoli”.
Secondo la Soprintendenza non sempre i progetti sono redatti in modo da assicurare la tutela dei beni vincolati.
Va precisato che questi ultimi non sono tutti uguali: ci sono quelli “imposti dalla legge” cioè quelli riferiti a particolari categorie di beni, quali ad esempio i corsi d’acqua pubblici, le vette montuose oltre i 1000 metri, i laghi, le aree naturali, e quelli “imposti in base alla legge” con specifici provvedimenti amministrativi del Ministero dei Beni Culturali o della Regione.
Per questi ultimi, l’obbligo di indicare nel provvedimento di vincolo gli elementi posti alla base della tutela, fa si che vi siano elementi che orientano il tecnico nella redazione del progetto.
Non accade la stessa cosa per i beni vincolati “per legge”. In questo caso la fattibilità o meno della proposta è demandata alle Commissioni paesaggistiche e poi al funzionario della Soprintendenza che, in mancanza di riferimenti, valuteranno il progetto filtrandolo con parametri soggettivi quali esperienza, sensibilità, cultura, ecc.
Come si intuisce questa è una grande criticità dei procedimenti che potrà essere superata solo quando saranno disponibili i Piani paesaggistici adeguati al Codice dei Beni Culturali che da anni la Regione dovrebbe approvare e che renderanno non più vincolante il parere della Soprintendenza.
Purtroppo, nonostante i proclami che periodicamente vengono diffusi, non si hanno notizie concrete sulla loro redazione per cui dubitiamo fortemente che saranno approvati entro questa consiliatura.
Per ora non resta che sollecitare gli Organi preposti a fornire indicazioni concrete su come redigere un progetto approvabile, auspicando quell’attività di consulenza che la legge Madia impone di fornire ai proponenti, indicando le condizioni affinché un progetto possa essere approvato.
Va infine osservato che per i vincoli imposti con atto amministrativo, il trascorrere degli anni può aver modificato gli elementi originari sui quali era fondata la motivazione, sia per azioni antropiche sia a causa di eventi naturali. In altri casi potrebbero esservi contesti di valore meritevoli di tutela.
Per tenere conto di queste trasformazioni sarebbe opportuna e utile la periodica revisione dei vincoli, eliminandoli dove non hanno ragione di esistere e magari introducendoli nel caso in cui si manifesti la necessità di nuove tutele.
Fotografia di Maria Gabriella Alfano