L’intervista: Marco Montemarano
Ex libris- di Claudia Izzo-
L’ho incontrato in un Caffè in via Mercanti, dove mi ha accolto con un bel sorriso. Era a Salerno per una presentazione a SalernoLetteratura e la sera ha presentato il suo libro presso l’Osteria Canali, un luogo -non luogo, commistione di gusto e cultura. Mi sono trovata così innanzi ad uno scrittore, giornalista, docente, musicista e traduttore: Mario Montemarano, una di quelle persone che ha tanto da raccontare, da passarti come esperienze vissute e lo fa con una semplicità che piace.
Nato a Milano, da madre della provincia di Roma e padre lucano, cresciuto a Roma vive ormai da 30 anni a Monaco di Baviera. Luoghi, musica e scrittura sono alla base della sua vita. I suoi due album musicali “Così sempre”e “The art of Solo Guitar” (Zaraproduction RoBa 2012) raccolgono le sue composizioni per chitarra e sono stati utilizzati in un programma RAI, “Protestantesimo”. Con il romanzo “La ricchezza” vince nel 2013 la Prima edizione del Premio Nazionale di Letteratura Neri Pozza; “Acqua passata” è il suo primo romanzo uscito in versione digitale (Ed Mauri Spagnol). Nel 2015 è la volta di ” Un solo essere” (Neri Pozza). Autore di diversi racconti, sta presentando ora il suo ultimo libro”Incerti posti”(Morellini Editore), 224 pagine in cui emergono due generazioni in bilico. Da un lato vi è Antonio: 16 anni, appassionato di parkour, perseguitato da una baby gang, con un migliore amico che soffre di manie suicide, una madre con uno strano compagno ed un padre da cercare. Dall’altra parte vi è Matteo:manager 42enne che vive nel Nord Europa ed è convinto di aver ucciso un bambino quando aveva sette anni che forse è tornato nei panni di un suo collega manager; una vita che non gira in una apparente vita di successo. Un ragazzo ed un manager che diventeranno, dunque, importanti l’uno per l’altro, tra grattacieli ed un destino che si diverte a muovere le sue pedine.
-Nel tuo ultimo libro parli di un sedicenne e di questa nuova disciplina metropolitana, il parkour, che “consiste nell’eseguire un percorso superando qualsiasi genere di ostacolo, con la maggiore efficienza , velocità e semplicità di movimento possibile, adattando il proprio corpo all’ambiente circostante, naturale, urbano, attraverso corsa, salti, equilibrio, scalate, arrampicate…” Qual è il tuo messaggio? A chi ti sei ispirato per tratteggiare questo ragazzo?
“Ho cercato di parlare di una generazione che cerca la sua dimensione, il suo posto nel mondo anche attraverso questa disciplina molto dura, che porta i giovani a superare qualsisasi tipo di ostacolo, tra rischi e allenamenti. Si creano così mode, gruppi, tribù con il gusto per le sfide; nasce l’orgoglio nel superare qualcosa che si riteneva insormontabile. Volevo poi che si parlasse di un ‘altra generazione, diversa dalla precedente fatta di rapper e graffitari. Pensando a questo ragazzo a mio nipotmi è venuto in mente e che non conoscevo bene”
-A chi ti ispiri per i tuoi personaggi femminili?
“In questo libro mi sono ispirata a mia sorella, ad una donna giapponese e ad una tedesca che ho conosciuto”
-Chi era Marco Montemarano prima di diventare scrittore e docente?
“Sono stato un chitarrista blues, anche se il vero musicista di casa è mio fratello! Sono stato un venditore di polizze assicurative, barista, tabaccaio. Sono un povero emigrato eclettico con la paura del successo, nel senso che temo possa rovinare la vena poetica, possa portare a non essere più autentici; compiacendo gli editori non si è più puri…”
-Laureato in Giurisprudenza, sei docente, traduttore, interprete. Cos’è per te la scrittura?
“E’ un ritorno alle esperienze . Grazie alla scrittura si mettono in risalto alcune parti dell’ esperienza che poi refluiscono nella scrittura stessa: ricordi, situazioni sedimentate, pronte ad uscire. Tutto ciò consente di scopriere quali tracce l’esperienza ha lasciato dentro di noi. Scrivendo, qualcosa s’impone, vi è una prepotenza che si trasforma in scrittura”
-Quali autori sono stati importanti per la tua formazione e per i tuoi libri?
“Non mi sarebbe mai venuto in mente di scrivere senza aver letto Roth. Molto importante per me sono stati anche Dostoevskij, Tolstoj, Conrad, Kafka, Proust, Gadda, Levi e Vonnegut; ho amato il modo di quest’ultimo di intrecciare piani narrativi diversi, creando un prodotto letterario che toglie al lettore la “fatica” del leggere. Per me se uno scrittore non aiuta il lettore nella modalità di fruizione dell’arte, il lavoro di scrittore non è riuscito. Penso che “Mattatoio n 5 – la crociata dei Bambini” sia un lavoro di grande architettura letteraria”
-Lontano dall’Italia hai trovato la tua dimensione. Se tornassi dove ti piacerebbe vivere?
” La cultura italiana è in disgregazione e crea emigrazione. L’emigrazione, in ogni sua forma, va gestita con regole nell’interesse comune. A me la lontananza ha consolidato i rapporti. Se non vivessi a Monaco vivrei a Torino, per il suo essere ordinata e multiculturale.”
-Una persona che ha avuto un ruolo importante nella tua vita e nelle tua formazione?
” Mia madre. Lei ha inoltre un modo di raccontare autentico: te le fa proprio vedere le cose di cui parla, tra flashback e suspance, ha un talento innato! Pe la mia partecipazione al “Premio Neri Pozza” dove ho vinto con “La ricchezza”, devo tutto a lei.”
-Ultimo libro letto?
“Gli indifferenti” di Moravia, edizione Corbaccio del 1933, un libro ingiallito. E non so se lo sto leggendo o rileggendo…”
-Cantautore preferito?
“De Andrè, vero poeta, a differenza di tanti finti poeti”.
Un messaggio da dare ad un figlio nella società di oggi?
“Vorrei che si sentisse amato, accettato. E’ questo che ti da gli strumenti per credere in te stesso, capendo che si ha il diritto di essere amati e accettati. L’errore sta nell’infedeltà a se stessi.
Cosa pensi di Salerno?
Una bella città del Sud, non te l’aspetteresti così. Mi piace moltissimo..
Tornerai?
“Con piacere !”
