Il disco in vinile: una passione da coltivare e da tramandare. Siamo ancora in tempo.
Aprile è un mese importante per gli appassionati di musica e in particolare per quelli che amano e apprezzano il disco in vinile. Sì, proprio il vecchio 33 giri che negli ultimi anni sta vivendo una seconda giovinezza e le cui vendite hanno recentemente superato il download digitale. In un momento storico in cui il CD è in forte crisi di identità, il vinile è tornato prepotentemente ad occupare un posto d’onore negli scaffali dei negozi specializzati e nelle grandi catene di elettronica di consumo, dovendosi confrontare ormai solo con le piattaforme di streaming come Spotify, Apple Music, Tidal, Deezer ecc.
Sabato 21 aprile 2018 si celebrerà il Record Store Day, la giornata mondiale per la salvaguardia dei negozi di dischi indipendenti, evento che nasce nel 2008 ad opera di due ex commessi di un negozio di dischi degli Stati Uniti, con lo scopo di accendere un faro sui negozi di dischi indipendenti che esistono (e resistono) nell’era del digitale e della grande distribuzione. Sarà un’occasione succulenta per molti appassionati di vinile che entreranno in un negozio aderente alla manifestazione, perché potrà trovare ed acquistare rarità e versioni speciali di album stampati ad hoc per l’occasione.
Sempre ad aprile, il 14 e il 15 per l’esattezza, ad Utrecht in Olanda si è svolta la 49esima edizione della fiera del vinile più grande d’Europa (e forse del mondo) alla quale un appassionato deve partecipare almeno una volta nella vita… al collezionista ovviamente non c’è bisogno di dirlo.
Quest’anno alla manifestazione olandese (sarebbe riduttivo e quasi offensivo chiamarlo “mercatino del vinile” anche se l’atmosfera tra gli stand è la stessa che si respira nelle piccole fiere, con la differenza che qui si può trovare l’impossibile, in uno spazio semplicemente enorme di cui non si vede fisicamente e letteralmente la fine) erano presenti 404 espositori provenienti da tutto il mondo. Ovviamente gli europei (di cui 21 italiani) rappresentavano la maggioranza, ma non sono mancati venditori giapponesi, coreani (del sud), brasiliani, messicani, israeliani, turchi e sudafricani. Secondo le indicazioni del mio contapassi, ho percorso tra gli stand ben 11 chilometri per un totale di 14.101 passi e sono convito di averne tralasciati, mio malgrado, un bel po’. Ecco questo forse è il limite di questa manifestazione, la cui 50esima edizione sarà il 17 e 18 novembre prossimi, la durata in rapporto alla grande quantità di espositori: due giorni sono pochi, per spulciare attentamente e comodamente tra i dischi messi in vendita.
Ma cosa trova il visitatore in una manifestazione del genere? Di tutto, vinili vecchi e nuovi, rari e ordinari, CD e memorabilia varia, a prezzi per tutte le tasche. Ad esempio lo stesso disco lo si può trovare in due stand adiacenti, uno venduto a 10 euro e l’altro a 1.000, le differenze possono essere tante o poche, ma sicuramente sostanziali. Per esempio la copia da 10 euro è certamente una ristampa non in perfette condizioni “di salute” (tipo graffi sul vinile, copertina usurata o strappata), quella a 1.000 euro è senza dubbio una prima stampa originale dell’epoca (tipo 40/50 anni fa), un’edizione rara, magari facente parte di un lotto di poche decine di pezzi utilizzati all’epoca come pre-serie da dare alla stampa per le recensioni di rito. Neanche a dirlo in condizioni fisiche tali da rasentare quasi la perfezione. Ma queste son cose da e per collezionisti, un mondo quest’ultimo nel quale possono addentrarsi solo esperti che hanno maturato una preparazione ed una conoscenza ultra decennale, senza le quali il rischio di inciampare in una colossale fregatura è altissimo.
Ma ora arrivo al punto cruciale di questo articolo. Chi sono i frequentatori di queste fiere? Devo ammettere con grande rammarico che la maggioranza non è rappresentata dai giovani.
Purtroppo, e qui si apre la grande questione, i giovani, i ragazzi, che dovrebbero essere i maggiori fruitori di musica, quelli con più entusiasmo e trasporto, non sono ancora abbastanza incuriositi ed attratti dal vinile (o più in generale dall’oggetto che contiene la musica, vinile o CD che sia) per essere assidui frequentatori di bancarelle, anche solo quelle a buon mercato e a maggior ragione dei negozi specializzati. Nella realtà dei fatti i visitatori di mercatini e fiere del disco sono prevalentemente persone di una certa età che hanno, intanto quella disponibilità economica che permette loro di acquistare dischi, probabilmente proprio quei dischi che in gioventù non sono riusciti a comprare per mancanza del “vil denaro”, ma soprattutto sono coloro che hanno vissuto gli anni d’oro della musica, quelli compresi tra i ‘60 e gli ’80, che si portano dietro intatta tutta la passione che ha caratterizzato i loro anni migliori e della quale ne curano gelosamente i ricordi più belli.
Tuttavia è necessario a questo punto essere onesti e prendere coscienza della realtà nella quale viviamo. Il futuro non è nell’analogico e dunque nel vinile (e lo scrive consapevolmente un collezionista di vinile sempre a caccia di qualche chicca mancante alla propria collezione). Il futuro è sicuramente nello streaming digitale (niente CD e downloading) che con il tempo, e di pari passo con l’avanzare della tecnologia, sarà sempre più ricco di file, di informazioni e soprattutto di grande qualità audio, utilizzabile ovunque e su qualunque supporto, smartphone in primis.
Dunque cosa accadrà in futuro? Finita la generazione di quelli che oggi frequentano le fiere del disco l’industria smetterà di stampare vinili per la seconda e ultima volta? I negozi di dischi indipendenti abbasseranno le saracinesche definitivamente? No, non ci credo! Ma il rischio esiste e bisogna scongiurarlo.
Il ritorno del supporto analogico non è avvenuto per caso, e anche se inizialmente era (o sembrava) un vezzo dell’industria discografica disposta a provarle tutte, raschiando il fondo del barile pur di arginare una crisi industriale ormai consolidata, navigando a vista e speculando indegnamente e miseramente a spese di onesti appassionati e collezionisti incalliti, il vinile si è preso una clamorosa rivincita. E tutto questo perché al digitale manca qualcosa. Cosa, esattamente, non saprei dirlo, o meglio credo che ognuno possa avanzare legittimamente delle motivazioni, tutte giuste e tutte sbagliate, ma certamente tutte molto personali ed individuali.
Per qualcuno è il suono dell’analogico a vincere su quello digitale, per altri, quest’ultimo, essendo privo di una consistenza materica, trascura tutta la parte visiva (grafica, fotografia, informazioni leggibili ed esaurienti) che invece il vinile valorizza molto, ma soprattutto cominciano ad essere in tanti a capire che l’ascolto digitale (che in alcune circostanze è straordinariamente comodo e piacevole), in considerazione del flusso continuo ed ininterrotto che lo streaming mette a disposizione, rischia di trasformare la musica solo in rumore di fondo, verso la quale non c’è abbastanza attenzione, ancor meno verso chi la scrive e la suona. In questo il vinile è imbattibile. Quell’oggetto, quel disco nero (spesso colorato e a volte anche dalle forme strane ed improbabili) per sua stessa natura “costringe” l’ascoltatore a mantenere alta l’attenzione, verso la musica e verso lo stesso oggetto, il disco, che va maneggiato con cura, con delicatezza, e perché no con amore, se si vuole conservarlo a lungo.
E dunque alla fine dei conti cosa resterà? Resterà quello che noi saremo in grado di apprezzare e di valorizzare, resterà ciò che abbiamo iniziato ad amare intensamente e sinceramente fin dalla giovane età, e dunque questa è la mia chiave di lettura: se vogliamo sperare che il vinile torni ad essere quello che rappresentava una volta, destinato a convivere serenamente con la tecnologia più avanzata, dobbiamo abituarci all’idea di educare i nostri figli, i nostri giovani e quindi le generazioni future ad amare la musica, supporto fisico compreso. Iniziamo ad insegnare loro che la musica è una cosa nobile, che ci sono persone che vivono (spesso faticosamente) con lei e per lei, che meritano il nostro rispetto (ed è ingiusto oltre che scorretto rubare il meritato guadagno facendo copie illegali della loro musica), che ascoltare un disco avendo tra le mani una copertina è un piacere per gli occhi e per la mente, che prestando attenzione alle note di copertina arricchiamo la nostra cultura con informazioni sui brani, su chi li ha scritti e chi li sta eseguendo nel momento in cui li ascoltiamo. Insomma se vogliamo vedere i giovani, prima che diventino vecchi, tornare a frequentare le fiere e i mercatini del disco, ad entrare con curiosità nei piccoli e grandi negozi specializzati, dove si possono incontrare altri appassionati con i quali scambiare idee, e momenti di confronto, appaganti come e più di un post di un social network, dobbiamo essere noi, fortunati testimoni diretti degli anni in cui sono nati capolavori senza tempo, ad insegnare loro il valore e il piacere che può celarsi dento un disco di vinile.
Nicola Olivieri