Sorrento e Napoli in prima fila per la cura del verde

Serve chiarezza- di Vincenzo Iommazzo-

Il verde in città, quello più vicino e più utile ai residenti, da sempre è stato considerato una sorta di parente povero dei beni comuni. Le amministrazioni pubbliche lamentano scarsità di risorse e mezzi, con personale operativo sempre più avanti in età, quando addirittura non esiste un censimento del proprio patrimonio arboreo, strumento indispensabile per garantire la corretta gestione del bene.

Ecco allora, per limitarci alla nostra regione, che la diversità di vedute tra amministrazioni e cittadini produce il moltiplicarsi di denunce da parte degli ambientalisti più impegnati, dopo molti tentativi degli Enti di eliminare piante o alberi, spesso secolari, senza che venga condivisa la piena trasparenza della procedura.

E’ di pochi giorni orsono, per esempio, la discesa in campo del Wwf in merito alla vicenda dei sei alberi cinquantenari eliminati davanti all’hotel Gardenia di Sorrento a fronte della ripiantumazione dello stesso numero di essenze arboree giovani. Quello che ha fatto andare su tutte le furie il Presidente del Wwf Terre del Tirreno Claudio D’Esposito è stata anche la decisione del Comune di inserire nelle aiuole i soliti “aranci amari”, gnomi delicati dal tronco sottile, sostituiti all’ultimo momento, in seguito alle proteste degli ambientalisti, con esemplari di Citrus sinensis, un po’ più robusti di quelli previsti nella determina comunale di progetto.

A destare maggiore preoccupazione è, però, l’iter seguito: secondo il Comune non ci sarebbe stato bisogno di autorizzazione della Soprintendenza, mentre a parere del Wwf questa sarebbe indispensabile, a fronte della Circolare operativa Mibact n° 32 del 21 luglio 2017. In essa si chiarisce che “l’intervento di taglio di alberi è consentito senza autorizzazione della Soprintendenza solo laddove gli esemplari vengano sostituiti con esemplari adulti della stessa specie, di altre specie autoctone o comunque storicamente naturalizzate e tipiche dei luoghi. In ogni caso l’intervento deve essere “di lieve entità e senza rilevanza paesaggistica”.

Alle documentate denunce dell’esperto D’Esposito per questo e altri interventi in penisola sorrentina, fanno eco le proposte contenute nel “Manifesto per il verde urbano” recentemente espresse a Napoli tra gli altri, da Wwf, Legambiente Campania e Gente Green, finalizzate a regolamentare lo sviluppo e la gestione del verde in città. Punti fondamentali: colmare l’assenza di progettazione e regole da seguire prima di realizzare interventi, limitando ad esempio tipologie improprie di potature o promuovendo l’uso di specie autoctone, adottare una visione strategica del sistema almeno a scala regionale, stimare il patrimonio complessivo tramite un censimento costantemente aggiornato con la registrazione di specie e caratteristiche, stato di salute e stabilità delle stesse. Tali linee guida potrebbero costituire un forte incentivo per spingere le amministrazioni a una maggiore cura del verde pubblico, mettendo al centro il ruolo dei cittadini e la loro partecipazione attiva alle attività di tutela.

Nel Manifesto viene spiegata l’importanza del verde nel contribuire a migliorare il microclima, a mitigare gli effetti delle isole di calore, a contrastare il preoccupante aumento dell’inquinamento atmosferico, ad avvicinare i giovani all’osservazione e allo studio della natura e a renderli più sensibili e rispettosi nei confronti dell’ambiente.

Tra i firmatari del manifesto, gli ambientalisti storici Ornella Capezzuto e Carmine Maturo mettono in evidenza la necessità di operare una diversa azione sul verde, anche per limitare gli effetti dei sempre più evidenti cambiamenti climatici nelle città. In concreto sarà opportuno arrivare in tempi brevi all’elaborazione di un manuale di educazione al verde da utilizzare ai fini della sensibilizzazione dei cittadini e nelle scuole.

Gli enti locali non sono soli: la legge nazionale 14 gennaio 2013 n. 10, ha prefisso l’obiettivo di rendere disponibili indirizzi tecnici omogenei sul territorio nazionale a supporto delle politiche di governo del ricco e biodiverso patrimonio verde delle nostre città. Patrimonio che ha raggiunto in molti casi la maturità fisiologica: le alberate storiche dei nostri viali si trovano spesso in condizioni inadeguate rispetto alle esigenze biologiche delle specie che le compongono, quasi sempre mutate rispetto al momento della loro realizzazione.

La questione non è, evidentemente, solo tecnica. Dagli ultimi dati Istat disponibili (anno 2015) risulta che, nei 116 capoluoghi di provincia italiani, il Piano del verde è presente in meno di una città su 10, il regolamento del verde nel 44,8% dei casi, e il censimento del verde è realizzato da 3 città su 4.

Dove una visione strategica in materia di verde urbano manca, si procede per interventi di “somma urgenza” per la messa in sicurezza dei siti, chiudendo l’accesso alle aree ove siano segnalate piante pericolose, o addirittura frettolosamente eliminandole.
Occorre, decisamente, invertire la rotta.

Vincenzo Iommazzo

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