Sanremo 2018 visto dalla TV di casa

“È fatta anche questa”, saranno state le parole pronunciate, o almeno pensate, dal “Dittatore artistico” Claudio Baglioni, quando si è conclusa la 68° edizione del festival della canzone italiana edizione 2018, dopo un’interminabile settimana che ha visto incollati alla TV milioni di italiani.

È piaciuto? Direi proprio di sì se ci atteniamo ai numeri divulgati: milioni di spettatori e share altissimi. Si, il festival organizzato e diretto da un importante cantautore (Claudio Baglioni a molti può anche non piacere ma ha venduto milioni di dischi e scritto canzoni che vengono cantate ancora oggi, a distanza di molti decenni, da un numero impressionante di fan di ogni età e sesso)  è proprio piaciuto.

Certo non è tutto oro quello che luccica e visto da casa, in TV, senza distrazioni e senza le interruzioni che ci sono in teatro per le ovvie esigenze televisive, il festival qualche incertezza l’ha manifestata. Ma ci sta tutto in una manifestazione interminabile che potrebbe risolversi altrettanto efficacemente in tre serate presentando meno canzoni e tutte di qualità. E si, perché se è vero che questo festival è stato il festival della musica (direi più per la quantità che per la qualità) è anche vero che almeno la metà delle canzoni, alla fine di questa settimana checché se ne dica, sarà del tutto dimenticata.

Ma andiamo con ordine. Iniziamo dalla scenografia. Firmata per la seconda volta da Emanuela Trixie Zitkowsky è risultata fredda e troppo tecnologica. Sembrava appena uscita da un film di fantascienza. Non ci è piaciuta.

I conduttori, e questo va detto, nel bene e nel male hanno fatto la loro parte. Baglioni, nel ruolo di direttore artistico, avrebbe dovuto prestare più attenzione alla qualità di alcune delle canzoni selezionate, ma ovviamente non è dato sapere quanto abbia inciso o condizionato l’industria discografica in queste scelte.

Non avrebbe dovuto chiedere agli ospiti stranieri di cantare nella nostra lingua e infine, se le sue intenzioni erano quelle di valorizzare la musica italiana, avrebbe dovuto preparare meglio alcuni dei tributi eseguiti in coppia con altri artisti. Ricorderemo a lungo come “Strada facendo”, una delle sua canzoni più famose, eseguita con Renga, Nek e Pezzali (di quest’ultimo ho sempre pensato che il canto non facesse al caso suo) è stata distrutta da una esibizione penosa.

In qualità di presentatore, invece, era troppo impacciato e forse per questo è risultato più simpatico di quanto lui stesso avrebbe immaginato.

Su Michelle Hunziker che vuoi dire? Empatica e sempre sorridente, ha interrotto (involontariamente) più volte i suoi colleghi, ma alla fine è stata sempre pronta ad intervenire risolutivamente soprattutto nei momenti di impasse del festival, e quindi anche lei ha superato l’esame.

Pierfrancesco Favino è stato semplicemente stellare! È il vero vincitore di questo festival, bravo a parlare, a recitare, a cantare e a suonare. Un artista a tutto tondo come direbbero quelli bravi. Il suo monologo, “La notte poco prima delle foreste” del drammaturgo e regista francese Bernard-Marie Kolte’s del 1977, una storia di esclusione ed estraneità, è stato il momento più emozionate di tutta la settimana sanremese. Applaudito da tutto il teatro, mi chiedo se gli spettatori sono rimasti incantati dalle capacità recitative di Favino o dai contenuti del testo recitato magnificamente. Forse si capirà con i risultati delle prossime imminenti elezioni politiche. Se vi siete persi il monologo andate a cercarlo in rete: 4 minuti di pura emozione.

E concludiamo queste riflessioni sulla musica di questa 68° edizione del festival di Sanremo parlando proprio delle canzoni. Onestamente la metà di esse, come ho già scritto, verrà dimenticata molto velocemente. Altre saranno dei successi, qualcuna sarà un tormentone radiofonico.

I più deludenti sono stati proprio i giovani, le cui esibizioni sono risultate ordinarie e le canzoni poco orecchiabili, qualità assolutamente necessaria per presentarsi su quel palcoscenico e la classifica finale, quella dei big per capirci, conferma esattamente questo principio.

Ultimo è il nome del vincitore di questa categoria, il primo classificato (scusate ma il gioco di parole “primo/ultimo”, quasi un ossimoro, è irresistibile), ma la sua canzone onestamente non è nulla di che e il ragazzo dovrà lavorare ancora molto per dimostrare il proprio valore. Eva, che ricordiamo con piacere come ex concorrente di Xfactor, il cui timbro vocale è sicuramente il migliore di tutti, ha presentato una canzone interessante anche se non è la sua cosa migliore. La canzone di Lorenzo Baglioni è insopportabile. Canzonetta scemotta come le “mossette” dei suoi coristi. Una lezione di grammatica fuori luogo. Deve fare fare meglio, molto meglio.

Tutti gli altri partecipanti rientrano nell’ordinaria amministrazione, senza infamia e senza lode.

 

Facilmente prevedibile, invece, la classifica finale dei big. Hanno vinto le canzoni più orecchiabili, quelle con la struttura più tipicamente sanremese.

I primi classificati sono stati Ermal Meta Fabrizio Moro, con una buona canzone (e tante polemiche con rischio esclusione a seguito ) ma che forse non meritava il podio. Al secondo posto Lo Stato Sociale, decisamente sopravvalutati da un punto di vista artistico/musicale con esibizioni troppo ammiccanti e al limite del “gigionesco” con l’anziana signora che balla il rock’n’roll acrobatico, ma abbastanza furbi da non lasciarsi scappare l’occasione e presentare un brano facile facile, dal ritornello orecchiabile, che sicuramente diventerà il prossimo tormentone e che avrebbe potuto occupare legittimamente (nel senso più sanremese del termine) il primo posto.

Chiude la terna la brava Annalisa che ha presentato una canzone onesta e molto orecchiabile eseguita sempre molto bene dal vivo, a differenza di tantissimi suoi colleghi che troppe volte non sono riusciti a prendere le note giuste.

Ma la vera qualità delle canzoni di questo festival è tutta compresa tra la 4° e la 7° posizione in classifica, con la magnifica canzone di Ron che ha cantato un inedito di Lucio Dalla, l’eleganza della 83enne Ornella Vanoni, che a dispetto dei suoi lifting può ancora dire la sua in fatto di canto e di canzoni, la romantica e romanesca dichiarazione d’amore di Luca Barbarossa e la sofisticata e raffinata canzone di Gazzè.

Enzo Avitabile e Peppe Servillo avrebbero meritato una posizione più alta in classifica, ma la loro musica etnico/napoletana ha comunque il proprio pubblico che si sarà emozionato tantissimo nel rivedere gli Avion Travel (nella serata dei duetti) senza il grande Fausto Mesolella.

Tutti gli altri li stiamo già velocemente dimenticando.

Alla fine un festival molto popolare e buonista che ha premiato quasi tutti (premio della critica, premio TIM, il premio della sala stampa e chi più ne ha più ne metta), non ha scontentato nessuno e non ha escluso nessuno, per regolamento.

Di questo festival ce ne ricorderemo, soprattutto se verrà chiesto a Baglioni di replicare l’anno prossimo.

Nicola Olivieri

Nicola Olivieri