Joel Meyerowitz e Napoli velata

Gli scatti del fotografo americano svelano quello che non vediamo e questo mi dà lo spunto anche per dire qualcosa su una polemica che in questi giorni leggo sui giornali a proposito dell’ultimo film di Ferzan Ozpetek, “Napoli velata”.

Premetto che non ho ancora visto il film per cui la mia è solo un’osservazione, un punto di vista personale su quanto è pubblicato sui siti e sulla carta stampata. Tante parole. Fiumi di parole, che non dicono nulla del film in se, ma molto critiche sul fatto che la visione di Ozpetek è poco veritiera e molto distante dalla realtà.

Certo ognuno è libero di esprimere la propria opinione, è legittimo, per fortuna siamo in democrazia, ma io dalla lettura di questi articoli non sono riuscito a capire com’è il film. Ho trovato efficace solo l’articolo di Sandro Ruotolo sul Corriere del Mezzogiorno.

Allora provo a dire la mia a tutte le penne che si sono date da fare per scrivere commenti e giudizi: si tratta solo di un film, nulla di più. Si tratta di un regista che ha raccontato una storia a modo suo, contestualizzandola in una città che probabilmente conosce poco ma che gli è piaciuta molto.

WHERE I FIND MYSELF

Anche Joel Meyerowitz, classe 1938 nato a New York, con i suoi scatti di street photography, ritratti e paesaggi, propone il proprio punto di vista e sinceramente non mi pongo il problema se è o non è veritiero ciò che vedo nelle sue foto, perché è il suo punto di vista e io lo rispetto e lo apprezzo addirittura.

Iniziò a fotografare nel 1962 quando, ispirato dal lavoro di  Robert Frank, lasciò il suo lavoro di art director di un’agenzia pubblicitaria e iniziò ad uscire per le strade di New York City con una fotocamera 35 mm.

Dopo aver alternato tra bianco e nero e colore, Meyerowitz ha adottato “definitivamente il colore” nel 1972 in un periodo in cui c’era una significativa resistenza all’idea della fotografia a colori come arte seria. Nei primi anni ’70 ha insegnato fotografia alla Cooper Union di New York City.  Il suo lavoro è nelle collezioni dell’International Center of Photography, del MOMA e della New York Public Library , tutte a New York, e del Museum of Contemporary Photography di Chicago. È autore di numerosi libri libri tra cui Cape Light, considerata una classica opera di fotografia a colori.

In questi giorni, a Bruxelles è stata allestita una bellissima mostra di Joel Meyerowitz che ho avuto il piacere di vedere al Botanique, una location affascinante,  un tempo orto botanico della famiglia reale belga. Se passate per la capitale europea in questi giorni (la mostra resterà aperta fino al 28 gennaio), non perdetela perché oltre ad essere bella è una mostra allestita benissimo. Una sezione è dedicata esclusivamente all’inferno delle Torri Gemelle che Meyerowitz ha documentato magistralmente e comunque meglio di quanto hanno fatto molti altri suoi colleghi, ma non sapevo che durante la sua vita avesse scattato alcune immagini anche nella mia città. La mostra offre la visione di fotografie a colori e in bianco e nero. Due di queste ultime, particolarmente affascinanti, sono state scattate a Napoli.

In particolare uno scatto, una decadente scalinata, racconta benissimo la metropoli partenopea. Uno scatto semplicissimo dove si vede un uomo che suona una fisarmonica in un angolo della scala, illuminata e perfettamente messa a fuoco, mentre in secondo piano, un’area scura e sfocata, una figura femminile sale quelle stesse scale.

I contrasti di quest’immagine e la sapiente costruzione su due piani di lettura (chiaro/scuro, sfocato/a fuoco) sono gli elementi fondanti dello scatto, e al contempo sono gli strumenti utilizzati dal fotografo americano per decifrare e raccontare la città di Napoli. Contraddizioni, decadenza, musica, luce e buio. Napoli è così ed è tutta in questa straordinaria fotografia. Uno scatto essenziale ma elegante e nobile al tempo stesso, che cattura la napoletanità di cui tanto si dibatte in questi giorni con la pellicola di Ozpetek.

La mostra, ovviamente,  non è solo Napoli, è anche altro. Un “breve” viaggio attraverso gli scatti più importanti di Meyerowitz, che ha saputo cogliere e dosare sapientemente ironia e dramma catturati nelle strade e negli interni che ha visitato e vissuto.

WHERE I FIND MYSELF (dove mi ritrovo) è il riuscitissimo titolo di una mostra imperdibile, che offre una serie di scatti molto rappresentativi dell’arte e della personalità di una importante figura della cultura metropolitana americana degli ultimi cinquant’anni.

Umberto Mancini

Umberto Mancini

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