Città campane-altro giro, (quasi) stessa corsa
Il Rapporto Ecosistema Urbano 2017 di Legambiente-di Vincenzo Iommazzo-
Pigrizia o mancanza di coraggio delle amministrazioni locali in Campania? Se lo chiede Legambiente nel presentare il rapporto Ecosistema Urbano 2017 contenente i dati dello scorso anno sulle performance ambientali delle città capoluogo in Italia, realizzato con il contributo scientifico dell’Istituto di Ricerche Ambiente Italia e la collaborazione editoriale de Il Sole 24 Ore.
Sono state prese in considerazione come principali tematiche, aria, acqua, mobilità, rifiuti, energia e il punteggio è stato assegnato sulla base dei risultati qualitativi di 16 indicatori che forniscono la misura della qualità della gestione degli impianti e servizi nei vari settori. Sotto i riflettori per es. consumo di acqua, depurazione e dispersione delle reti, trasporto pubblico e aree pedonali e ciclabili, raccolta differenziata, rifiuti, solare e verde pubblico.
Ci sono in Italia delle città che hanno già cambiato passo. Che gestiscono il ciclo dei rifiuti come e meglio di tante altre realtà europee, che hanno cambiato stili di mobilità, trovato la formula giusta per depurare gli scarichi, contenere i consumi idrici e lo sperpero d’acqua potabile, che investono sulle rinnovabili, che presentano significative esperienze di rigenerazione e rifunzionalizzazione degli spazi pubblici.
Guidano la classifica quest’anno Mantova (1°), Trento (2°), Bolzano (3°), Parma (4°), Pordenone (5°) e Belluno (6°), dimostrando di essere città dinamiche e di credere fortemente nel cambiamento.
La coda della graduatoria ambientale urbana – che vede Enna (104°), Brindisi (103°), Viterbo (102°) – è il luogo dove si concentrano risultati mediocri e anche tante lacune nella disponibilità di informazioni sullo stato di salute ambientale del territorio. Nelle ultime venti posizioni si trovano anche Napoli e Roma, ciclicamente vittime dell’emergenza smog e rifiuti.
Niente di nuovo sotto il cielo della Campania. Sulle performance ambientali dei cinque capoluoghi si registrano piccoli passi avanti per qualcuno, ma complessivamente su tante scelte sostenibili le nostre città mostrano una certa pigrizia e una diffusa staticità.
Caserta al 95° posto è tra le ultime a livello nazionale, male Napoli che si piazza all’86° posto, superata da Milano (31°) tra le grandi città, avanti a Roma 89°.
Benevento conquista la palma per la miglior performance tra i capoluoghi campani con il 35° posto, appena sufficiente Avellino al 43° posto.
Salerno con il suo 62° posto viene rimandata. La raccolta differenziata si assesta al 60% perdendo la leadership regionale. La qualità dell’aria presenta per il biossido di azoto un valore medio delle concentrazioni di 38,60 μg/mc vicino al limite di legge di 40 μg/mc. Nel capoluogo salernitano l’acqua immessa nella rete viene perduta in percentuale pari al 54,5% a riprova di una situazione critica. Male l’offerta del trasporto pubblico che viene calcolata con i chilometri percorsi annualmente dalle vetture per ogni abitante residente: Salerno si posiziona in zona retrocessione per le città medie con 15 km-vetture/ab.
Un nuovo parametro inserito quest’anno è relativo alla presenza di alberi in città: a quattro anni di distanza dall’approvazione della legge nazionale 10/2013 (Norme per lo sviluppo degli spazi verdi urbani), soltanto Napoli e Salerno sono stati in grado di fornire un bilancio del numero di alberi esistenti in aree di proprietà pubblica (strade e parchi).
A Napoli sono 6 alberi /100 abitanti, meglio la situazione a Salerno con 15 alberi/100 abitanti.
“Nel complesso – commenta Michele Buonomo presidente Legambiente Campania – il Rapporto evidenzia con chiarezza che siamo in presenza di città apatiche, statiche e pigre. Quella urbana è una grande questione nazionale. Nelle città si gioca una partita importante, è qui che passa la sfida dell’innovazione e della sostenibilità ambientale, della coesione sociale e dell’integrazione, della rigenerazione urbana e una parte della lotta ai cambiamenti climatici. Dalle amministrazioni locali della nostra regione si deve certamente pretendere molto più coraggio, molta più discontinuità e capacità di innovazione, ma nello stesso tempo è il Paese che deve fare un investimento politico ed economico e mettere tra le priorità di governo un piano per traghettare le città, tutte insieme e non una alla volta, al di là delle secche. Alla politica centrale e locale il compito di raccogliere questa sfida e di non passare anni a fare solo passetti avanti”.
