Il mistero del rullino scomparso
In questo particolare momento storico, in fotografia, le autoproduzioni sono tante e rappresentano una fonte di novità non trascurabile. Molti progetti non emergono perché non trovano un editore disposto ad investire con una pubblicazione di qualità e quindi molti autori decidono di fare da soli e per fortuna che accade ciò, perché ogni tanto si incrocia qualcosa che vale la pena di seguire. Oggi vi propongo “Lost Takes” del fotografo olandese Tobias Bijl che con il suo libro racconta un misterioso episodio, ancora avvolto nell’ombra, della recente guerra nei Balcani.
Durante il conflitto in Bosnia un rullino fotografico, che avrebbe testimoniato lo sterminio di persone innocenti a Srebrenica, misteriosamente è andato smarrito. Questo è l’episodio misterioso. A tutt’oggi non è chiaro se questa testimonianza su pellicola sia andata smarrita incidentalmente, durante la fase di sviluppo del rullino, o se la “scomparsa” sia strumentale e finalizzata ad eclissare la verità dei fatti su quanto accaduto in quei luoghi.
Diciamo subito, onde evitare incomprensioni, che le foto del libro di Tobias non sono le foto “scomparse” ma sono fotografie sapientemente scattate da lui per raccontare, a modo suo, quella guerra che tanto lo ha colpito emotivamente, e al contempo ricordare l’episodio dell’occultamento di una prova schiacciante che documenterebbe gravi crimini di guerra.
È un lavoro molto interessante perché attraverso un’alternanza di immagini scattate in analogico e in digitale, e con la finalità di raccontare e ricostruire un episodio avvolto dal più fitto mistero, Tobias riesce efficacemente, attraverso i suoi ricordi, a fermare le emozioni di un adolescente (lui è del 1981 e lo sterminio di Srebrenica avviene l’11 luglio del 1995), molto turbato da una guerra feroce geograficamente neanche troppo lontana da lui, con scatti efficaci pervasi di una intrinseca poesia e affascinante mistero. Ho trovato questo progetto molto interessante e per non correre il rischio di sottovalutare il tema e quindi il suo valore ho deciso di contattare Tobias e rileggere il suo libro attraverso le sue stesse parole. Insomma ho preferito far parlare lui. Ecco cosa mi ha raccontato.
Come nasce l’idea di “Lost Takes” ?
La guerra in Jugoslavia è per me il primo ricordo e mi ha toccato moltissimo. E questo non solo per le immagini che passavano in televisione, ma anche perché un amico del quartiere veniva proprio da li e ha reso la guerra una cosa più reale, più vicina a me. Dutchbat, il battaglione olandese, aveva la supervisione delle operazioni di mantenimento della pace sotto il comando delle Nazioni Unite per proteggere la “zona sicura” di Srebrenica. Sembra che le cose andavano molto male. Un tenente olandese ha scattato delle foto durante la caduta dell’enclave, immediatamente dopo l’ingresso della UR (Armata della repubblica serba bosniaca) in Srebrenica. Questo rullino è stato sviluppato, ed è diventato la prova del più grande genocidio dopo la seconda guerra mondiale in Europa. Improvvisamente, però, questo rullino, anzi questa prova, sparisce e non è chiaro se ciò è avvenuto durante il processo di sviluppo in un laboratorio militare. Quando la storia è venuta alla luce a molti è venuto il dubbio che la sfortuna non centri nulla e che più verosimilmente si sia cercato deliberatamente di occultare una pesante testimonianza.
Sembra che la tua scelta di raccontare un momento preciso della guerra in Bosnia sia dettato da una tua personale ed intima esigenza.
La caduta dell’enclave è ancora un argomento di cui si parla molto in Olanda. Si parla ancora di quanti scatti ci fossero in quella pellicola e quanti hanno visto la luce. Regolarmente se ne parla nei media e questo ha generato molta curiosità sull’accaduto.
Social media e informazione: quale è il tuo parere a riguardo?
I social media hanno democratizzato la raccolta di notizie con il vantaggio che le nuove informazioni sono rapidamente disponibili. Ma questo ha anche il suo lato negativo: i media temono di non essere abbastanza veloci nel fornire notizie. Di conseguenza, si pubblica spesso senza una attenta verifica delle fonti. Fortunatamente qualcosa sta cambiando, c’è un’inversione di tendenza. Sono in molti ad opporsi a questa abitudine scegliendo un’informazione di qualità.
Quali sono le apparecchiature utilizzate per questo lavoro?
Per questo libro ho usato la combinazione di un Linhof Technika V (4×5 pollici, Kodak Ektar 100) e un Canon 6D. Mi piaceva lavorare con una camera analogica di grande formato perché avevo la necessità di una fotografia ”lenta”. Restituiva foto con un bel contrasto che mi permetteva di evidenziare la parte “distruttiva” dei soggetti. Quasi testimoni muti delle scene dell’orrore. Però questo libro l’ho fatto durante la mia laurea presso la Fotoacademie di Amsterdam e considerando la quantità di tempo e il budget a disposizione, la scelta del digitale con la Canon 6D è stata una scelta necessaria.
Dunque il racconto di “Lost Takes” si snoda attraverso l’alternanza di analogico e digitale. Quale preferisci?
A mio parere non c’è niente di meglio dell’analogico, specialmente se si usano camere di grande formato. La nitidezza e la grana sono insuperabili rispetto alle macchine digitali. Almeno per la fotocamera che ho usato io. Secondo me un fotografo deve sperimentare (e utilizzare) diversi tipi di fotocamera fino ad individuare quelle che possono contribuire ad aggiungere qualcosa al proprio progetto o al soggetto che si sta fotografando.
“Lost Takes” è un libro auto-prodotto. Possibile che, rispetto ad una storia così importante, non hai trovato un editore che abbia deciso di investire nella pubblicazione?
Questo volume nasce come progetto di laurea per una tesi, per cui quando l’ho pensato e progettato la ricerca di un editore non era una priorità. In realtà attualmente c’è un serio interesse da parte di un editore e stiamo cercando di capire se è possibile realizzare un’edizione più grande. In ogni caso per me essere indipendente è una condizione di base fondamentale. Certo per progetti futuri sarebbe bello avere subito un supporto editoriale importante, ma per me funzionerebbe solo se mi venisse garantite la massima indipendenza in fase di creazione. Spesso “editori” e “indipendenza” non sempre si combinano efficacemente insieme.
Umberto Mancini
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