Cantautori italiani. Le storie di Maldestro e la purezza di Loy&Altomare

Cantautori italiani. Le storie di Maldestro e la purezza di Loy&Altomare

I Muri di Berlino (Area Live /Warner Music) – Maldestro

Un giorno mi arriva una segnalazione del tipo “ascolta questo disco. Finalmente qualcosa che vale la pena di ascoltare nel panorama italiano. Un disco bellissimo”.  Mi stavano segnalando I Muri di Berlino, il secondo album di Maldestro. Sì, proprio il giovane cantautore che a Sanremo 2017 ha ottenuto il secondo posto tra le nuove proposte con il brano Canzone per Federica. Lo stesso brano per il quale ha vinto il premio della critica “Mia Martini”. Bene, metto su il disco e già al terzo brano non posso fare a meno di pensare che quello che sto ascoltando è un signor disco, bello nei testi e nelle musiche. Un disco che in questo momento rappresenta una bellissima testimonianza di canzone d’autore di grande qualità.

Maldestro è un giovane cantautore napoletano cresciuto artisticamente più che con Pino Daniele con Giorgio Gaber e Ivano Fossati. E queste influenze si sentono tutte. La qualità dei suoi testi, per i quali si è guadagnato importanti premi e riconoscimenti, non passa inosservata e non è un caso che abbia maturato numerose esperienze anche nel teatro, per il quale ha scritto molte opere tra drammaturgie e commedie. Insomma Maldestro è un artista completo, che con la penna racconta storie e con la sua meravigliosa voce, un po’ roca e un po’ graffiante, le canta.

I Muri di Berlino, titolo che da solo dice molto su separazioni e isolamenti, raccoglie dieci brani nei quali l’autore canta l’amore, la speranza, ma tocca anche importanti temi sociali come immigrazione e disperazione. Il racconto non è mai ovvio e assume sempre forme eleganti lasciando all’ascoltatore la possibilità di immedesimarsi in quei versi. Del resto, come dice il mio amico scrittore e poeta Giorgio Coppola – autore della raccolta di poesie Aghi di Pino, Edizioni Robin  2016 –  “la poesia non è di chi la scrive ma di chi la legge”. Questo lavoro di Maldestro si lascia ascoltare con molto piacere, perché è forte, garbato e mai banale. Un disco che alla fine lascia un bel sapore in bocca, anche quando tocca temi difficili.

I brani più significativi sono oltre alla già citata Canzone per Federica, Abbi cura di te, presente nella colonna sonora del film Beata Ignoranza di Massimiliano Bruno,  Sporco clandestino sul difficile tema dell’immigrazione e, forse la più intensa di tutte, Prenditi quello che vuoi, una canzone di un amore intenso e disperato descritto attraverso frasi che andrebbero incorniciate come quella che recita “…prenditi quello che vuoi, abita ogni mia ruga, ma resta…”

 

Portobello  (CBS) – Loy & Altomare

Fine anni sessanta, primi anni settanta. Due amici, Checco Loy (figlio del più famoso regista Nanny) e Massimo Altomare si conoscono a Londra durante un viaggio e decidono di fare musica insieme. Quelli erano anni straordinari. L’Inghilterra, o meglio Londra, era la meta preferita, il pallino fisso di tutti i giovani alla ricerca di una vita indipendente e alternativa. Una vita vissuta decisamente sopra le righe, addirittura spregiudicata e non solo nella musica. In Italia, in quegli anni, i cantautori si dividevano in due categorie quelli “impegnati” (e politicizzati) e quelli “non impegnati” (che oggi definiremmo Pop). Gli artisti che non appartenevano alla prima categoria non sempre ricevevano le giuste attenzioni di critica e pubblico. Insomma la musica facile era una grave pecca perché era “commerciale”. Cosi era definita. Eppure qualcuno riuscì a fare musica di qualità, non “impegnata”, capace di fare breccia sia nel pubblico sia nella critica. Loy & Altomare erano tra questi. Classificati come duo country, solo perché avevano belle voci che s’incastravano bene insieme e suonavano le chitarre acustiche. In realtà all’epoca la maggioranza delle persone e dei giornalisti musicali, compresi i nostri due eroi, non aveva idea di cosa fosse la vera musica country. Quest’ultima sarebbe stata compiutamente rappresentata e correttamente divulgata solo alla fine del decennio con la nascita di alcune pubblicazioni specializzate come il Mucchio Selvaggio e L’ultimo Buscadero. Con il dovuto rispetto e le necessarie attenzioni direi che Loy & Altomare erano più la versione italica di Simon & Garfunkel.

Nel 1973 viene pubblicato Portobello su etichetta CBS il loro primo disco. L’album è di una semplicità disarmante, ma bello, pulito, che si lascia ascoltare con grande piacere. I due cantato (in italiano) magnificamente e suonano anche bene. Le loro chitarre e le loro voci eseguono contrappunti perfetti ai testi che hanno come temi di riferimento il mondo giovanile senza tralasciare delicate incursioni nel sociale.

Questo è quello che dicono loro in un’intervista rilasciata a Fiorella Gentile sul n. 50 del settimanale Ciao 2001 nel 1974: “Per il primo lp (Portobello n.d.r.), avevamo il tipico atteggiamento di chi agisce dall’esterno, senza sapere cosa può accadergli, come deve muoversi. Una cosa che ci interessava moltissimo era rendere determinate atmosfere, un colore, perché avevamo vissuto veramente il primo “beat” e tutto stava diventando molto tecnico, molto freddo. Noi avevamo del materiale da riorganizzare, non conoscevamo molta musica di altri. Siamo approdati al country forse proprio per una affinità spirituale con quel genere: per il legame che ha con la natura e per quello che stabilisce tra le persone

Nel 1974 il duo pubblica il secondo album intitolato Chiaro sempre per la CBS e nel 1979 Lago di Vico (m. 507) per la CGD, terzo e ultimo disco. Entrambi sono lavori di buon livello, ma Portobello resta quello più immediato, sincero e fresco. L’unico che procura l’effetto di un bicchiere d’acqua bevuto dopo una bella sudata in una calda giornata d’estate.

Nicola Olivieri

Nicola Olivieri