Legambiente presenta il rapporto Pendolaria 2016
VITA DA PENDOLARI
Agli albori dell’industrializzazione e per molto tempo dopo, gli spostamenti quotidiani dei lavoratori che si muovevano dalla località di residenza per raggiungere quella della propria attività, ha costituito un efficace indicatore positivo di sviluppo socio-economico.Presumibilmente da subito il pendolarismo ha causato un certo disagio ai soggetti costretti ad affrontarlo, ma era compensato dalla garanzia di un lavoro stabile e regolarmente retribuito, oltre che dalla crescente offerta di servizi di trasporto pubblico che necessariamente si attrezzavano per essere in linea con l’aumento della domanda.Paradossale risulta ai giorni nostri, in molte aree del Paese, un peggioramento rispetto al passato, testimoniato da cancellazione di treni e di linee, passaggi poco cadenzati, chiusura di stazioni e differenze rilevanti da regione a regione.
A spiegarlo è ancora una volta il rapporto “Pendolaria 2016” di Legambiente che da otto anni rileva e presenta situazione e scenari di un importante ramo del trasporto ferroviario nel nostro Paese.In Italia si spostano in treno ogni giorno per ragioni di lavoro o di studio quasi 5,5 milioni di persone, metà delle quali usufruiscono del servizio ferroviario regionale di Trenitalia e di altri venti concessionari. L’altra metà viaggia con le metropolitane presenti in 4 città del nord Milano, Genova, Torino e Brescia, nella capitale Roma e in due città del sud Napoli e Catania.E’ da notare che la Metro di Salerno che corre lungo l’asse cittadino est-ovest, è classificata come “servizio ferroviario urbano” e non rientra al momento nelle statistiche proprie delle metropolitane.
Per i circa 279mila pendolari campani la condizione del trasporto pubblico è preoccupante. Il servizio è scadente perché assicurato da un numero non sufficiente di treni, sempre affollati, con età media troppo avanzata -18 anni- e quindi bisognosi di manutenzione continua. Lontani gli standard e i risultati europei. In sei anni, dal 2010 ad oggi il calo dei pendolari nella nostra regione è stato vertiginoso, passando dai 442mila utenti a 143 mila pendolari, il 34% in meno. Una drastica diminuzione che si tramuta in più auto in circolazione, più traffico e di conseguenza elevato smog nelle nostre città.
La spesa per i pendolari è una cenerentola del bilancio regionale, pari appena allo 0,29%, a fronte di un aumento dei biglietti del 36% dal 2010. La Regione Campania ha finora investito molto poco per potenziare il servizio e comprare treni, nonostante alcuni segnali di inversione di tendenza con i primi inserimenti di nuovi convogli nel corso degli ultimi mesi.
Le società di trasporto su ferro che operano nella nostra regione movimentano complessivamente circa 400 treni con le caratteristiche di vetustà di cui si diceva. Ma da disastro è la situazione complessiva dell’Eav, l’holding con socio unico la Regione Campania, nella quale nel 2013 sono confluite Circumvesuviana, Cumana, Circumflegrea e MetrocampaniaNordEst. Il crollo del numero dei viaggiatori è lo specchio della crisi in cui versa un’azienda che gestisce grande parte del trasporto pubblico su ferro in regione: secondo i dati della società nel 2010 erano 40 milioni gli utenti della Circumvesuviana, crollati ora a 27 milioni; quelli della Sepsa (Cumana e Circumflegrea) sono passati da 20 milioni a 11; quelli di MetroCampania Nordest, da 67 milioni a circa 40. Qualche buona notizia sembra arrivare dal decreto fiscale che contiene lo stanziamento di circa 600 milioni da utilizzare per il pagamento dei debiti pregressi di Eav. Secondo gli annunci della Regione, la flotta della Circumvesuviana sarà ampliata con la messa in esercizio di 21 Metrostar ordinati già nel 2004, ma dal travagliato utilizzo per problemi tecnici non ancora del tutto risolti. Sono inoltre partite altre due commesse (con EuroMaint e TFA) per il revamping di 37 treni che dovrebbero arrivare nel primo semestre del 2017.
Se Atene piange, Sparta non ride di certo. A Napoli sono circa 65milioni i passeggeri annui che utilizzano la metropolitana, cifre basse rispetto ai 479 milioni annui di Milano ed ai 308 milioni di Roma, mentre sono 140 i milioni di passeggeri che a Napoli usufruiscono di tram/bus, niente in confronto dei 941 milioni di Roma e i 244 milioni di Milano. Nel capoluogo sono disponibili 81 treni metropolitani con età media del materiale rotabile di 19,2 anni, mentre il 78% dei treni ha più di 15 anni; 52 sono i tram con una età media di 17,5 anni. In particolar modo 30 vetture tramviarie sono state costruite 75 anni fa: pezzi da museo, insomma.
“La situazione dei pendolari – ha dichiarato il presidente di Legambiente Campania Michele Buonomo – è inaccettabile e insostenibile. Un fenomeno sociale che non interessa a nessuno e che incrocia i grandi temi dell’attualità e i problemi che vivono ogni giorno le famiglie: contrazione della spesa per l’aumento del costo dei trasporti e, in particolare, proprio quello legato all’automobile, inquinamento e congestione delle città, ma anche gli impegni del nostro Paese nella lotta ai cambiamenti climatici. Legambiente attraverso la campagna Pendolaria vuole dare visibilità e forza a una battaglia che è oggi di civiltà: perché puntare a cambiare questa situazione, dando un’alternativa a chi si muove su mezzi privati attraverso un servizio davvero di qualità fatto di treni nuovi, più numerosi e puntuali, carrozze pulite e non sovraffollate, è un grande investimento sul futuro della nostra regione. Dobbiamo puntare a raddoppiare i pendolari che prendono treni regionali e metropolitani ogni giorno – ha continuato Buonomo – una sfida alla portata del nostro Paese e nell’interesse dei suoi cittadini, con vantaggi non solo in termini ambientali, ma di attrattività delle città e ricadute positive sull’occupazione e sul turismo nei nostri territori. Lo Stato deve poi finalmente comprare treni, come succede in tutta Europa, perché servono più treni per potenziare le linee in particolare in città come Roma e Napoli. In generale occorre dare priorità alle aree urbane e al Sud, con un ruolo di regia e di controllo da parte del Ministero delle Infrastrutture che si impegni a rendere più semplice e sostenibile la mobilità dei cittadini”.
Saremmo portati ad aggiungere che anche il numero di aziende di trasporto su gomma e su ferro in Campania, più di un centinaio, ci sembra decisamente eccessivo. Alcune, anche importanti, sono fallite, altre sono sull’orlo del default. Ricordando l’episodio degli Orazi e Curiazi, non vorremmo che la crisi economica possa avere buon gioco nell’eliminarle una per volta, trovandole deboli e senza obiettivi coordinati. Viceversa, una unica azienda regionale ben strutturata potrebbe meglio rispondere alla domanda di trasporto pubblico che in Campania è comunque molto consistente e può essere soddisfatta con investimenti e strategie proprie di una holding dalle spalle forti e in grado di competere sul mercato per affidabilità ed efficienza.
Vincenzo Iommazzo