8 Giugno: Giornata mondiale degli Oceani 2016

Plastica ovunque-

Era giovedì 11 ottobre 1492 quando accanto alle caravelle di Colombo in viaggio verso ovest alla scoperta dell’America, passarono in mare diversi oggetti fra cui un giunco, un bastone, un ramoscello con un fiore fresco. A quel punto per l’ammiraglio non fu più tanto difficile convincere i preoccupati equipaggi che la terra doveva essere vicina.

Lo stesso viaggio, affrontato oggi, avrebbe probabilmente portato gli allibiti marinai ad impattare invece che in materiali naturali, in milioni di pezzi di plastica galleggianti e forse li avrebbe spinti più di allora a non procedere oltre per paura dell’ignoto inquinante.

Ma non finisce qui. Quando l’ecologo marino Andres Cozar Cabañas e il suo team di ricercatori hanno completato la prima mappa dei rifiuti negli oceani, c’era qualcosa che non quadrava. Il loro lavoro ha rilevato milioni di pezzi di plastica che galleggiano in cinque vortici subtropicali negli oceani di tutto il mondo. Dagli anni Ottanta, però, la produzione di plastica è quadruplicata. Poiché l’azione del vento, delle onde e del sole frammenta il materiale in piccoli pezzetti spesso delle dimensioni di un chicco di riso, dovrebbe esserci molta più plastica che galleggia in superficie di quanta ne hanno rilevata i ricercatori.

Ma dove si trova questa plastica che non si vede? Quanta ce n’è? Come ci è arrivata?

Domande per il momento senza una precisa risposta in quanto la scienza che studia i rifiuti marini è relativamente giovane. La plastica è stata inventata verso la metà dell’Ottocento e la produzione di massa è cominciata dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. I rifiuti che inquinano gli oceani, al contrario, sono oggetto di studi da poco più di un decennio.

Precedentemente si era sempre pensato che la soluzione all’inquinamento fosse la diluizione, fino a che nel 1997 l’oceanografo Charles Moore, tornando in California dopo una regata, scoprì la cosiddetta Grande Chiazza di Rifiuti del Pacifico, un’ampia “isola” di spazzatura formatasi a settentrionale di quel mare. Nel 2004, poi, uno studio del biologo marino Richard Thompson dimostrò che gran parte dei rifiuti marini è costituita da materiale plastico.

L’inquinamento prodotto dalla plastica è una minaccia seria, sottolinea l’ONU, perché ha un impatto notevole sulla salute degli animali marini. Solo pochi giorni fa uno studio su Science evidenziava che le larve di alcuni pesci preferiscono le microplastiche al loro cibo naturale (il plancton), assuefatte come i ragazzi allo “junk food”. Tendenza che influisce sul loro sviluppo, portando le larve anche alla morte.

E allora l’ONU, in occasione della Giornata mondiale degli oceani che si celebra l’8 giugno, ricorda che la salute del globo dipende anche dalla salute dei suoi mari: gli oceani coprono tre quarti della superficie terrestre, garantiscono sopravvivenza a 3 miliardi di persone e generano circa 3 mila miliardi di dollari all’anno in termini di risorse e industrie, il 5% del Pil globale.

Quest’anno il tema della ricorrenza è “Oceani sani, pianeta sano” e l’impegno delle Nazioni Unite è particolarmente concentrato sulla lotta all’inquinamento da plastica che, pur in attesa di studi più approfonditi, risulta essere una delle principali piaghe dei mari nei nostri giorni.

“C’è bisogno di azioni urgenti su scala globale per alleviare gli oceani dalle molte pressioni che devono affrontare e per proteggerli da pericoli futuri”, ha affermato il segretario generale dell’ONU Ban Ki-moon.
In sostanza, occorre evitare che ogni anno nelle acque dei mari finiscano circa 8 milioni di tonnellate di plastica. Rifiuti che presto potrebbero portare al collasso dell’ecosistema marino con conseguenze imprevedibili sulle rotte della fauna ittica e la vita degli organismi che popolano le acque del pianeta, perfino degli uccelli che traggono dal mare il loro nutrimento.

Non resta che riconoscere ancora una volta che le condizioni ambientali ai nostri giorni rischiano di peggiorare più velocemente di quanto non si riesca a porvi rimedio, determinando situazioni sempre più allarmanti e preoccupanti.

L’ONU ci invita a porre attenzione al fatto che, se non iniziamo davvero a rispettare il nostro ambiente anche nei comportamenti di tutti i giorni, le nuove generazioni potrebbero non avere a disposizione le risorse per sopravvivere.

Vincenzo Iommazzo

Vincenzo Iommazzo

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