Canzoni e fiori: con la vittoria degli “Stadio” si chiude la 66esima edizione del Festival di Sanremo
Rientrare stanchi a casa, mettersi in poltrona, accendere la TV e vedere Roberto Bolle che interpreta i Queen… è più rivitalizzante di un massaggio shiatsu ! Anzi, mi è venuto il sospetto che anche “Vitruvio” abbia guardato questa trasmissione… Altrimenti, come avrebbe fatto a disegnarlo in modo così preciso? E poi, non è solo bello e bravo – tanto che il Times lo ha definito “The King of dance” – ma si è rivelato una persona completa, di cuore, intelligente e che, con orgoglio, rappresenta l’Italia all’estero. Nureyev lo ha scoperto quando aveva solo quindici anni e ciò gli diede la forza per intraprendere la sua carriera ed una vita dedicata, per realizzare il suo sogno e regalare sogni ad ognuno di noi. Inoltre, ci ha dimostrato che la danza classica non è una cosa vecchia e polverosa, ma può essere pop e rock senza perdere niente della sua bellezza! Invitarlo, è stata l’ennesima buona idea di Carlo Conti e l’ennesima bellissima sorpresa che ci ha offerto il 66° Festival di Sanremo. Poi, i giovani hanno iniziato con tanto ritmo e con la classica “musica alla Sanremo”…: semplice, orecchiabile, piacevole. “Noi siamo infinito”: titolo di una canzone ma che si adatta perfettamente a questi giovani: emozionati, speranzosi, che ci offrono la loro canzone, la loro voce, la loro anima… all’infinito. Fra questi giovani ce n’era anche una che ha festeggiato i suoi 50 anni di carriera e, come ci ha dimostrato, è sempre più giovane. E poi, e poi, Zero: Renato ci ha offerto un medley di sue canzoni e di nostri ricordi che ci hanno assalito con gioia, con emozione, con nostalgia… dei migliori anni della nostra vita. L’impegno sociale c’è stato anche ieri stasera con la presenza di Peppe Fiorello, che ci ha parlato dell’acciaieria di Taranto e ci ha ammaliato con una bella e struggente canzone di Domenico Modugno. Una bella iniziativa ed una bella poesia ci hanno regalato momenti di riflessione e di commozione: “P.S. Post Scriptum” è il testo vincitore dell’ultima edizione di “Parole liberate: oltre il muro del carcere”, scritta da Giuseppe Catalano, detenuto presso il carcere di Opera. Letta con impegno da Gabriel Garko che, nonostante la farfalla sfoggiata…, neanche ieri sera è riuscito a prendere il volo! Comunque, ringraziamo sempre la sua mamma ed il suo stilista, che ce lo “regala” sempre più elegante. Messo da parte trucco e parrucco, abbiamo visto la vera Virginia Raffaele: bella, slanciata, sexy nel suo abito nero con spacco inguinale chiuso, …pardon…, aperto da una fila di bottoncini arcobaleno… ognuno lo mette dove può! Credo che la Raffaele sia stata la vera mattatrice di questo festival: a parte la bellezza di Madalina, statuaria e molto statica, la Raffaele ci ha fatto ridere e sorridere. Sicuramente, la bellissima Madalina ha vinto il guinness dei primati per il cambio degli abiti, uno più originale e favoloso (nel senso che sembrano usciti da una favola) dell’altro. È riuscita a mostrare il suo splendido corpo, appena velato nel senso letterale del termine, senza essere mai volgare. In un Sanremo così, non poteva mancare Cristina D’Avena, arrivata all’Ariston a furor di popolo. Quasi per niente diversa da quando cantava ”Il valzer del moscerino”, ha fatto cantare tutti, dalla Presidente Monica Maggioni alla Sala stampa, con le amate e mai dimenticate sigle dei cartoni animati. Ed è stato subito “delirio anni ‘80”. A sorpresa, ha vinto la qualità con gli Stadio: “Un giorno mi dirai”, brano scartato nella precedente edizione di Sanremo. Potenza della musica. Bravura degli Stadio. Inoltre, non si può non parlare della professionalità e bravura dell’orchestra e del conduttore Carlo Conti, preciso, metronomico, impeccabile nel far procedere la scaletta perché, se “Sanremo è Sanremo”, “Carlo Conti è Carlo Conti”.
